martedì 13 maggio 2008

Rivoluzione verde: cotone e lino, cresce il tessile biologico.

L’industria della moda ricorre sempre più ai tessuti biologici, anche se per il momento si tratta solamente di sperimentazioni ed operazioni d’immagine. Lifegate ha lanciato una linea di jeans realizzati interamente con cotone biologico e tinte naturali (ne ho ricevuto un paio gratis in qualità di socio, e devo dire che sono confortevoli e per nessun aspetto inferiore ai tradizionali denim). Ma anche buona parte dei prodotti della linea solidal Coop sono realizzati in cotone biologico. L’Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale ha emesso il certificato alla ditta ItalDenim, che realizza il primo tessuto denim per jeans italiano in cotone da agricoltura biologica. L’azienda integra verticalmente tutte le fasi del processo produttivo: dalla balla di cotone al denim. Anche l’Atelier Stimamiglio ottiene la certificazione ICEA con la Linea Moda Nathù‘ che combina il concetto di biologico con quello di fashion, facendo emergere un ruolo del design e della moda italiana nel settore del tessile bio. Non a caso un recente documento del Pitti ribadisce che gli orientamenti moda 2008 includono anche il biologico. Repubblica fa un resonconto di alcune tendenze internazionali.
Tutto ciò spinge la produzione di tessuti bio. Secondo quanto riportato da Ecotextile, rivista telematica che si occupa di fibre naturali, nel periodo 2005-2006 la produzione di cotone biologico ha superato del 4,9% le previsioni effettuate negli anni passati. Attualmente ci sono circa 65 gruppi in tutto il mondo che si occupano della produzione di cotone biologico o che sono sul punto di avviare la loro attività entro i prossimi due anni. E sono ben 45 le organizzazioni certificate che già commercializzano il loro prodotto.
La situazione è particolarmente interessante soprattutto nei paesi del Sud-Est asiatico dove gli ottimi raccolti registrati negli ultimi anni hanno permesso alla regione di diventare il maggiore centro di interesse per il settore, grazie soprattutto alla crescita produttiva di un paese come l’India. Nuovi progetti molto interessanti stanno prendendo il via anche in Brasile, in Spagna, in Grecia e in Vietnam. Diversa la situazione nel Nordamerica e in molti paesi dell’Africa dove le previsioni per il 2006-2007 parlano di raccolti meno ricchi del passato, nell’ultimo caso per la diminuzione delle piogge.
In generale la produzione di fibre naturali è un settore in estrema crescita e lo dimostra il fatto che le Nazioni Unite abbiano dichiarato che il 2009 sarà l’Anno internazionale delle fibre naturali. La decisione è stato presa nel corso di un recente meeting a New York. L’obiettivo è quello di far crescere la consapevolezza dei consumatori, ma anche delle aziende, circa l’importanza delle fibre naturali nell’economia mondiale, oltre che per ciò che concerne la salute umana e il futuro dell’intero pianeta.
E in Italia potrebbe essere il turno del lino biologico.
Immaginiamo un campo di lino nella pianura piemontese. Magari al posto di una risaia. Fanta-agricoltura? No, è possibile, tornando a un passato lontano quando il lino cresceva nella pianura padana e veniva poi macerato negli abbondanti corsi d’acqua. oggi le piantagioni, come quelle della canpa, sono scarse o inusuali.
Eppure potrebbero essere ripristinate e trovare applicazione in campo industriale creando una sinergia tra mondo agricolo e settore della lavorazione. Un’azienda tessile d’avanguardia, la «Crespi 1797» di Ghemme, nel Novarese, ha rispolverato il lino biologico per realizzare tessuti ecocompatibili, sempre più richiesti dal mercato. Non è il primo passo per questa «casa» che ha aggiunto al nome la data di nascita come marchio imprescindibile di una storia secolare.
Con la canapa ha già realizzato borse per le più prestigiose firme del ramo. Adesso è la volta del lino biologico: Crespi si serve dei campi in Olanda, dove questo tipo di coltivazione è molto sviluppato. Ma potrebbe essere vicino il momento in cui anche il «Piemonte possa entrare in gioco: il lino è ricomparso in alcune aziende piemontesi e in Lomellina. Potrebbe essere una nuova frontiera. Francesca Crespi, amministratore delegato, ne è convinta: «Indossare un capo biologico è come mangiare biologico, un modo per rispettare la natura rifiutando metodi di produzione invasivi e devastanti».