martedì 27 maggio 2008

Uso dei feromoni

I feromoni sono sostanze prodotte da ghiandole specifiche degli insetti dette ghiandole a feromoni. Il secreto di queste ghiandole consente all’insetto che lo produce di segnalare quel territorio ad altri insetti della sua stessa specie, si può pertanto dire che i feromoni vengono utilizzati come dei segnali
In alcuni casi i feromoni possono essere dei segnali involontari come ad esempio capita per alcuni per alcuni entomofagi che possono captare il feromone della loro vittima e servirsene per localizzarla. I feromoni che vengono utilizzati sono per lo più quelli sessuali, emessi dalle femmine vergini, in genere vengono utilizzate quelle dei lepidotteri, per attirare i maschi ed evitare il ripopolamento.
Nell’utilizzo dei feromoni si cerca di raggiungere due obbiettivi:

- attrazione e cattura:
per catturare o monitorare i maschi in apposite trappole sessuali:

- disorientamento o confusione sessuale:
per ridurre la possibilità avvicinamento riproduttivo fra maschi e femmine.

La lotta Biologica

La lotta biologica è una tecnica che sfrutta i rapporti di antagonismo fra gli organismi viventi per contenere le popolazioni di quelli dannosi. Questa tecnica si è evoluta a fini agronomici e in genere si applica in campo agroalimentare per la difesa delle colture e delle derrate alimentari, ma per estensione si può applicare in ogni contesto che richieda il controllo della dinamica di popolazione di un qualsiasi organismo.
Metodi di lotta biologica.
La lotta biologica può essere condotta con differenti strategie alternative. Non esiste una strategia più valida delle altre: ogni metodo va inquadrato in uno specifico ambito applicativo in relazione alla biologia delle specie interessate, alle peculiarità climatiche e ambientali in cui si opera, alla dimensione del contesto (estensione, soggetti coinvolti, ecc.).



Metodo protettivo.
Più che un metodo di lotta biologica è in realtà una strategia seguita nella lotta integrata per sfruttare il controllo biologico dei fitofagi. In generale il metodo protettivo s'identifica in un insieme di pratiche che hanno lo scopo di preservare la popolazione degli antagonisti naturali e favorirne il potenziale biologico. Fra queste pratiche rientrano:
il ricorso al metodo inoculativo per sopperire alla carenza di ausiliari selvatici;
il ricorso a trattamenti fitoiatrici ad elevata selettività allo scopo di ridurre l'impatto sull'artropodofauna utile;
la tutela della biodiversità, con particolare riguardo verso le piante alle quali sono associati ospiti alternativi.
Il metodo inoculativo si rivela necessario nei contesti in cui c'è un'effettiva debolezza dell'entomofauna utile. Questa situazione si può verificare nei confronti di uno specifico fitofago, quando il controllo biologico è eseguito efficacemente da una specie non acclimatata, oppure negli agrosistemi il cui grado di "naturalizzazione" è modesto, come ad esempio nelle fasi di conversione dall'agricoltura convenzionale alla produzione integrata. In altri contesti il metodo inoculativo può anche rivelarsi non necessario perché l'impatto della tecnica agronomica sull'entomofauna utile e sulla biodiversità in generale è basso. In ogni modo rientrano nel metodo inoculativo tutti gli accorgimenti tesi ad incrementare le popolazioni degli ausiliari.
Il ricorso ai trattamenti fitoiatrici a basso impatto è una direttiva obbligatoria, dal momento che il principale ostacolo al controllo biologico integrato è rappresentato dall'uso indiscriminato dei fitofarmaci e, soprattutto, di quelli a bassa selettività. Il rispetto della soglia di intervento è una condizione necessaria per ridurre il numero di interventi chimici e conservare nel contempo una base trofica necessaria a garantire il mantenimento degli ausiliari. Per quanto riguarda la selettività è opportuno ricorrere a principi attivi che non abbiano un ampio spettro d'azione, specie quando s'interviene in modo mirato nei confronti di una specifica avversità. Da questo punto di vista si rivelano particolarmente utili gli insetticidi di nuova generazione come i regolatori di crescita, che in genere hanno un'azione molto selettiva e a basso impatto sugli insetti utili. Gli insetticidi ad ampio spettro d'azione sono tuttavia ammissibili se il trattamento ha le prerogative di una selettività di fatto: ad esempio l'uso delle esche proteiche contro i Ditteri Tefritidi è una tecnica conservativa perché ha un modesto impatto sull'entomofauna utile.
La tutela della biodiversità è un punto cruciale delle produzioni integrate. Nel corso della seconda metà del XX secolo l'intensivazione degli agrosistemi ha portato ad una notevole semplificazione della loro composizione: la specializzazione degli ordinamenti produttivi nelle singole aziende e in interi comprensori, il ricorso alla monocoltura, l'eliminazione delle siepi e delle superfici boscate accessorie, la lavorazione degli incolti, il diserbo chimico con principi ad azione residuale, l'abbandono delle tradizionali sistemazioni idraulico-agrarie, molte delle quali contemplavano la presenza di filari di piante arboree nei seminativi, sono fattori concomitanti che hanno drasticamente ridotto la biodiversità vegetale e, di riflesso, hanno portato alla scomparsa o alla rarefazione dei Vertebrati e degli Artropodi utili. Dagli anni ottanta c'è stata un'inversione di tendenza soprattutto negli obiettivi dei programmi territoriali e di sviluppo delle Regioni e dell'Unione Europea, privilegiando gli orientamenti produttivi verso l'estensivazione, la rinaturalizzazione degli ambienti rurali, il ripristino e la tutela della biodiversità.
Vantaggi della lotta biologica.
Quando, a partire dagli anni cinquanta, si diffuse su larga scala il ricorso alla lotta chimica si evidenziarono i due punti di forza dell'uso dei fitofarmaci: l'incremento delle rese quantitative e le migliori caratteristiche merceologiche dei prodotti. Il controllo biologico, infatti, non consente l'abbattimento della popolazione dei fitofagi, perciò la persistenza di una certa percentuale di danno, sia quantitativo sia qualitativo, è da ritenersi fisiologica. A questi aspetti va aggiunta la semplicità operativa della lotta chimica e, soprattutto, la sua efficacia nel breve termine.
Questi aspetti spiegano la completa sostituzione, nei paesi ad agricoltura intensiva, del controllo biologico da parte del controllo chimico. La lotta chimica trovò difficoltà di applicazione solo negli ambienti forestali e in generale nei paesi in via di sviluppo, a causa del forte impatto economico di questa strategia.
L'uso indiscriminato di fitofarmaci a largo spettro d'azione (clororganici, fosforganici, carbammati), dotati di notevole persistenza (clororganici), di elevata tossicità acuta (fosforganici) o cronica (clororganici), ha in un secondo tempo messo in luce gli aspetti negativi della difesa chimica delle colture, aspetti che in generale si sono evidenziati nel lungo periodo, a distanza di alcuni decenni: a titolo d'esempio si possono citare l'accumulo dei residui ai vertici delle catene alimentari, il dissesto ecologico dovuto all'inquinamento delle falde acquifere e dei corsi d'acqua, l'incremento dei costi di produzione, l'incremento dei rischi sulla salute pubblica. Oltre a questi aspetti negativi ne vanno citati due di particolare rilievo nel contesto della difesa dei vegetali:
L'impiego indiscriminato di alcune categorie di fitofarmaci ha spesso indotto la comparsa di fenomeni di resistenza nelle specie ad alto potenziale riproduttivo, caratterizzate dalla successione di numerose generazioni nell'arco di una stagione (microrganismi patogeni e, fra gli Artropodi, acari e afidi). La resistenza, oltre a rendere inutile i trattamenti eseguiti, rende necessario il ricorso ad altri trattamenti e, spesso, a dosaggi più forti.
L'impiego di fitofarmaci ad alto spettro d'azione provoca una drastica riduzione delle popolazioni dei parassitoidi e dei predatori. La dinamica di popolazione di questi organismi ha ritmi di crescita più lenti rispetto a quelli dei fitofagi con conseguente difficoltà di ripristino delle condizioni iniziali. Cessato l'effetto del fitofarmaco si assiste inevitabilmente ad un'intensificazione degli attacchi dei fitofagi e, talvolta, all'insorgenza di attacchi da parte di specie considerate indifferenti perché efficacemente controllate - in condizioni normali - dagli antagonisti naturali.
Questi due aspetti spiegano il motivo per cui, nel lungo periodo, si è assistito ad un impiego sempre più crescente dei fitofarmaci parallelamente ad una insorgenza sempre più intensa delle avversità a danno dei vegetali: dall'inizio degli anni quaranta alla fine degli anni settanta, negli USA, il danno medio provocato dagli insetti sulle coltivazioni è aumentato dal 7% al 13%, il consumo di fitofarmaci, nello stesso intervallo di tempo, è aumentato del 1200%.
Tratto dal sito:
http://it.wikipedi.org/wiki/Lotta_biologica

Interventi fitoiatrici con mezzi biotecnologici

Il termine biotecnologia è stato codificato dalla federazione europea di biotecnologia come: l’utilizzazione di microbiologia e ingegneria per realizzare applicazioni tecnologiche partendo dalla proprietà di microrganismi, di colture cellulari e di altri agenti biologici. In agricoltura l’uso delle biotecnologie ha trovato diverse applicazioni che possono essere riprese in tre settori:

Produzione:

un aumento della capacità produttiva con l’incremento dell’attività simbiotica tra microrganismi e piante.

Creazione di nuovi genotipi:

la genetica tramite il trasferimento di geni da un individuo all’altro, ha creato nuove varietà di piante in grado di avere caratteristiche di adattamento, resistenza alle avversità differenti da quelle precedenti.

Difesa contro le avversità:
si realizza con la sintesi artificiale di sostanze naturali di alcuni parassiti utilizzandole negativamente sul loro comportamento riproduttivo o sul loro metabolismo.

lunedì 26 maggio 2008

Metodologie di lotta biologica

Metodo inoculativo:

Consiste nel migliorare un meccanismo di controllo esistente, detterminando il ripopolamento su macroambienti con immissione di organismi gia presenti ma in piccole percentuali. Un esempio potrebbe essere l'immissione dei tralci contenenti un alto livello di colonizzazione di femmine svernanti di acari Fitoseidi utili nei vigneti dove la loro presenza è bassa.Rientra nel metodo inoculativo asportare dalle piante organi vegetali con fitofagi parassitizzati prima dell''intervento fitoiatrico neccessario per poi reimmeterli in capo dopol'intervento.

Metodo prottettivo:

Consiste nel mantenere nel mantenere e potenziare zone di rifugio per gli ospiti dll'insetto utile, modificando le tecniche agronomiche dannose per gli organismi util, utilizzando in modo mirato gli agrofarmaci scegliendo quelli più selettivi, utile ed a minore impatto sulla biocenosi e sull'ambiente in genere.

Metodo propagativo:

Consiste nell'intoduzione ed al mantenimento di organismi esotici utili, che in detterminate situazioni ambientali non trovano controllori naturali; si introducono, nel nuovo ambiente gli antagonisti naturali dei fitofagi, come ad esempio l'intoduzione in Italia degli Imenotteri Afelinidi Encarsia berlesei e Encarsia perniciosi per controllare i Diaspini dei fruttiferi, oppure l'intoduzione del Coccinellide Rodolia cardinalis per controllare l'Icerya purchasi. Il fine di questo metodo è il controllo permanente.

Metodo inondativo:

Prevede l'allevamento degli organismi utili, sia agenti patogeni sia Artopodi entomofagi, con l'obbietivo di ridurre rapidamente l'infestazione del parassita come in un trattamento antiparassitario.

Sistema informativo agricolo.

SISTEMA INFORMATIVO AGRICOLO, SVILUPPO
SOSTENIBILE E BENESSERE ALIMENTARE

Lo sviluppo sostenibile si riferisce a tutte quelle attività economiche, sociali e politiche che hanno un potenziale impatto sull’ambiente. Nel processo di produzione agricola una serie di elementi esterni sono introdotti nel sistema, delle risorse naturale sono utilizzate e dei nuovi elementi fisici e biologici sono prodotti. Da una parte certi sistemi agricoli esercitano delle pressioni pregiudizievoli sull’ambiente e sulla sicurezza dei prodotti alimentari come l’accumulo degli elementi fertilizzanti e dei pesticidi nel suolo e nelle acque, il tasso di erosione del suolo o l’eccessivo prelievo di acque per irrigazione.
D’altro canto, però, la conservazione dell’ambiente rurale sia paesaggistico che umano dipende strettamente da appropriate pratiche agricole quali la copertura del suolo, la conservazione delle diversità genetiche, la produzione di energia rinnovabile.
L’agricoltura sostenibile è quella che:
- fornisce cibo e fibre per i bisogni umani ;
- è economicamente valida ;
- migliora le risorse naturali dell'azienda agraria e la qualità complessiva dell'ambiente ;
- migliora la qualità della vita per gli agricoltori e per l'intera società .
Questo tipo di gestione dell'agricoltura si pone l'obiettivo di soddisfare le esigenze economiche (di alimenti per i consumatori e di reddito per gli agricoltori) senza compromettere il "capitale ambiente", patrimonio di tutti e risorsa per le future generazioni. Nelle coltivazioni e negli allevamenti utilizza il più possibile i processi naturali e le fonti energetiche rinnovabili disponibili in azienda, riducendo così l'impatto ambientale dovuto all'uso di sostanze chimiche di sintesi (pesticidi, concimi, ormoni, antibiotici), alle lavorazioni intensive del terreno, alle monocolture e monosuccessioni, nonché allo smaltimento indiscriminato dei rifiuti di produzione (ad esempio i liquami zootecnici e i reflui di frantoio).
Naturalmente non esiste un unico modo di fare agricoltura sostenibile valido in tutto il mondo anche perché gli obiettivi ed il ruolo della stessa agricoltura possono essere profondamente diversi nelle varie aree.
In alcuni Paesi, le migliori tecnologie e conoscenze hanno razionalizzato e conseguentemente ridotto, l’uso di alcuni fattori di produzione come i concimi, i pesticidi e l’acqua.
Rilevazione sulla distribuzione dei fertilizzanti (concimi, ammendanti e
correttivi).
La rilevazione sulla distribuzione dei fertilizzanti (concimi, ammendanti e correttivi) è una indagine annuale e totalitaria, svolta mediante autocompilazione di modelli cartacei o informatizzati presso le imprese distributrici di fertilizzanti con il proprio marchio.
In base alla superficie agricola utilizzata, viene poi calcolata la quantità di elementi nutritivi e di sostanza organica distribuiti per ettaro di superficie concimabile.
Rilevazione sui prodotti fitosanitari distribuiti per uso agricolo
Anche la rilevazione sui prodotti fitosanitari distribuiti per uso agricolo è un'indagine annuale e totalitaria, svolta mediante autocompilazione di modelli cartacei o informatizzati presso le imprese distributrici di prodotti fitosanitari con il proprio marchio.
L'indagine rileva la distribuzione per classe di tossicità e provincia di 390
raggruppamenti di prodotti fitosanitari distinti in fungicidi, insetticidi ed acaricidi, erbicidi, biologici vari e trappole.
Viene rilevata anche la distribuzione provinciale dei singoli principi attivi attualmente in commercio così come previsto dalla vigente legislazione.
In base alla superficie agricola utilizzata, si elabora poi la quantità dei principi attivi distinti in fungicidi, insetticidi ed acaridi, diserbanti e vari distribuiti per ettaro di superficie trattabile.

LA SOSTANZA ORGANICA.


Torba
La sostanza organica del terreno è l'insieme dei composti organici presenti nel terreno. Questo insieme, eterogeneo sotto diversi aspetti, è in gran parte compreso fra i costituenti della frazione solida ed è di prevalente origine biologica.
Identificazione e classificazione.
Data la notevole variabilità dei componenti della sostanza organica non è possibile inquadrarla con una definizione che sia al tempo stesso sintetica ed esaustiva. La stessa attribuzione di un'origine biologica sarebbe di per sé riduttiva in quanto una quota, sia pur minima, è di origine sintetica. L'unica proprietà inconfutabile che identifica un componente della sostanza organica è la presenza del carbonio organico, ossia con un numero di ossidazione inferiore a +4.
Fanno parte dell'insieme della sostanza organica:
la biomassa vivente, costituita da tutti gli organismi viventi presenti nel suolo (animali, radici dei vegetali, microrganismi);
la biomassa morta, costituita dai rifiuti e dai residui degli organismi viventi presenti nel terreno e da qualsiasi materiale organico di origine biologica, più o meno trasformato e apportato dall'uomo; nel terreno si trova in stato più o meno avanzato di decomposizione (residui della vegetazione, carcasse di animali, fertilizzanti organici, deiezioni, ecc.);
sostanza organica di natura sintetica, costituita da prodotti derivati da una sintesi industriale e apportati più o meno volontariamente dall'uomo (plastica, residui di fitofarmaci, concimi organici di natura sintetica, ecc.); il loro ruolo nella dinamica della sostanza organica è strettamente dipendente dalla biodegradabilità, che a sua volta dipende dalla complessità strutturale dei componenti e dalla presenza di microrganismi in grado di aggredirli (in particolare Attinomiceti);
humus, un eteropolimero prodotto da una rielaborazione microbica della sostanza organica decomposta a partire da composti organici semplici e nuclei di condensazione aromatici di bassa biodegradabilità, questi ultimi derivati per lo più dalla decomposizione microbica delle lignine.
La classificazione della sostanza organica in pedologia segue due differenti approcci: il primo distingue la sostanza organica in tipi sulla base di caratteristiche morfologiche quali alcune proprietà chimiche, l'aspetto esteriore, la presenza di determinati organismi viventi e fa riferimento ad un aspetto specifico della sostanza organica; il secondo invece è di carattere più generale in quanto distingue la sostanza organica in classi sulla base del grado di decomposizione.
Classi di sostanza organica.
Le radici delle piante appartengono alla classe dell'edaphon.
La classificazione secondo classi è un approccio più funzionale in quanto prende in esame lo stadio di evoluzione delle trasformazioni nell'ambito del ciclo del carbonio e si adatta ad essere applicata in un ambito più vasto di quello precedente. Per contro, la demarcazione delle diverse classi non è molto netta a causa della complessità e della sovrapposizione dei processi di decomposizione.
Si distinguono quattro classi, non tutte indicate con una denominazione specifica:
La prima classe, detta spesso edaphon, è la sostanza organica costituita dalla biomassa vivente e, quindi, dall'insieme degli organismi viventi presenti nel suolo (pedofauna, apparati radicali delle piante, microflora batterica e fungina. La composizione dell'edaphon è fondamentale in quanto può condizionare notevolmente lo sviluppo delle trasformazioni successive.
La seconda classe è la sostanza organica non decomposta costituita dalla biomassa morta. Le caratteristiche intrinseche dipendono strettamente dalle condizioni ambientali e dalla cenosi edafica:
nei suoli forestali prevalgono i residui della parte aerea delle piante, per lo più rami e foglie, ma possono esserci marcate differenziazioni secondo le caratteristiche del bosco, che può favorire o meno lo sviluppo di un sottobosco erbaceo;
nei suoli naturali ricoperti da vegetazione prevalentemente erbacea (prateria, pascolo) prevalgono i residui degli apparati radicali, in particolare con vegetazione prevalentemente composta da graminacee;
nei suoli agrari si può notare un'estrema variabilità in funzione delle tecniche adottate; in generale si delinea un ruolo fondamentale per gli apparati radicali delle piante, ai quali si aggiungono eventualmente i residui colturali e altri materiali organici incorporati con le lavorazioni.
La terza classe è la sostanza organica in via di decomposizione. Si tratta della classe meno delineata a causa della eterogeneità e complessità dei processi in corso, che risentono anche della forte differenziazione in funzione delle condizioni ambientali. In generale si osserva un grado più o meno avanzato di decomposizione, ma con la possibilità di identificare ancora il materiale organico di provenienza. Nei suoli forestali sono facilmente individuabili i miceli fungini che permeano il materiale in decomposizione.
La quarta classe s'identifica con l'humus, in altri termini con il prodotto finale delle trasformazioni che non confluiscono nella mineralizzazione e che vedono la rielaborazione, la polimerizzazione e la condensazione dei composti organici semplici attuate da una parte della pedofauna e, soprattutto, dalla microflora edafica. Nella letteratura si suole spesso distinguere due sottoclassi che fanno riferimento al rapporto con la frazione minerale del suolo:
humus stabile: è rappresentato dall'humus legato alla frazione minerale con formazione di complessi argillo-umici;
humus labile: è rappresentato dall'humus non incorporato nella frazione minerale, dalla quale può essere separato con mezzi fisici; secondo alcuni autori questa sottoclasse rappresenta uno stadio prematuro della fase finale dell'umificazione e andrebbe a rigore inserito nella terza classe
Le quattro classi della sostanza organica sono presenti in tutti i suoli in cui è attivo un processo di decomposizione e umificazione, tuttavia, a parte l'edaphon non sempre sono di facile identificazione. Fanno eccezioni i suoli forestali, nei quali in genere si verifica una marcata demarcazione delle classi lungo il profilo del suolo, con l'eccezione della prima, che per sua natura si sviluppa in parte fuori dal suolo, in parte negli orizzonti superficiali. La seconda classe si localizza nel sottorizzonte L dell'orizzonte O (nella letteratura indicato anche come orizzonte Aooo) e rappresenta la lettiera indecomposta formata da foglie e rami. La terza classe si localizza nel sottorizzonte F dell'orizzonte O e rappresenta la lettiera in via di decomposizione, ricca di ife fungine e pedofauna. La quarta classe si localizza in parte nel sottorizzonte H dell'orizzonte O (humus labile) e in parte nell'orizzonte A (humus stabile).
Humus e sostanza organica.
Come si evince dai paragrafi precedenti, la sostanza organica non s'identifica a rigore nell'humus, anche se spesso si tende ad usare i due termini come sinonimi.
La sostanza organica rappresenta l'insieme degli stadi del ciclo del carbonio che si contrappongono alla fase minerale. In generale il suo ruolo nelle proprietà fisiche e chimiche è secondario e indiretto quando si fa riferimento alle prime tre classi, per quanto sia fondamentale per influenzarne l'evoluzione. Fondamentale è invece il ruolo biologico ed ecologico.
L'humus rappresenta la parte della sostanza organica più attiva dal punto di vista fisico e chimico, influenza più o meno direttamente una parte considerevole della chimica del suolo ed è in stretta relazione con l'attività biologica di assorbimento degli elementi nutritivi. Attraverso i processi di umificazione e mineralizzazione, l'humus è in equilibrio con la sostanza organica del terreno e, sotto l'aspetto ecologico, rappresenta una deviazione reversibile del ciclo del carbonio.
Da quanto detto, è presumibile che una dotazione elevata di sostanza organica non si accompagni necessariamente ad un tenore elevato in humus, con riflessi fondamentali sulle proprietà chimiche del terreno. Un suolo può essere infatti soggetto ad un intenso accumulo di sostanza organica indecomposta a causa di una stentata umificazione o, al contrario, vedere una mineralizzazione rapida e intensa, che sottrae gran parte della sostanza organica ai processi finali dell'umificazione. Queste tendenze sono regolate dal concorso di molteplici fattori, fra i quali sono rilevanti i seguenti:
le condizioni climatiche, con particolare riferimento alle precipitazioni, alla temperatura e, eventualmente, al loro decorso stagionale;
il potenziale di ossidoriduzione del terreno;
l'attività biologica e la composizione della biocenosi edafica;
il rapporto C/N della sostanza organica indecomposta.
In passato si è cercato di quantificare questi concetti con i coefficienti isoumici che, almeno in linea teorica, rappresentano un modello di rappresentazione del bilancio della sostanza organica nel terreno, ma che per la complessità dei fattori in gioco ne rendono ardua l'applicazione ai fini pratici se non in linea del tutto approssimativa.
Funzioni della sostanza organica.
Fermo restando che le proprietà chimiche e fisiche si espletano in gran parte nello stato di humus, alla sostanza organica sensu lato si attribuiscono varie funzioni che, in generale, contribuiscono a migliorare la fertilità di un terreno.
Fra le funzioni fisico-meccaniche si segnalano da un lato gli effetti benefici sulla struttura e da un altro l'attenuazione dei difetti derivanti da una tessitura non equilibrata:
Attraverso la formazione dei complessi argillo-umici, la sostanza organica umificata migliora la struttura del terreno, specie in presenza di una buona dotazione in calcio, permettendo la formazione di aggregati strutturali primari di dimensioni ottimali e tali da far evolvere la struttura verso il tipo grumoso.
Nei terreni sciolti migliora la capacità di ritenzione idrica. Va specificato in proposito che l'humus ha una capacità d'imbibizione tale da assorbire e trattenere quantitativi d'acqua fino a 20 volte il proprio peso.
Nei terreni argillosi migliora la permeabilità e il rapporto fra macro e micropori e riduce la tenacità. Questi effetti derivano per lo più dal passaggio da una struttura granulare ad una struttura grumosa.
In generale riduce la predisposizione all'erosione superficiale, sia per l'eventuale presenza di una lettiera, sia per la formazione di aggregati strutturali più stabili.
Aumenta la capacità portante del terreno, riducendo i danni dovuti alla compressione esercitata dalle macchine agricole e dal calpestamento da parte di uomini e animali.
Fra le funzioni chimiche e fisico-chimiche si segnala in particolare il ruolo svolto nelle dinamiche che regolano la disponibilità e l'assorbimento degli elementi nutritivi, in gran parte dovuto all'aumento del tenore in colloidi:
Aumento della capacità di ritenzione delle basi (potassio, calcio, magnesio) in virtù dell'elevata capacità di scambio cationico dell'humus.
Aumento della capacità di ritenzione dei fosforo per adsorbimento anionico.
Aumento della capacità di ritenzione degli elementi nutritivi per assorbimento biologico. Questa funzione è fondamentale per il trattenimento degli elementi molto mobili (azoto e zolfo), ma in generale interessa anche gli altri elementi nutritivi, soprattutto quando il terreno ha una bassa capacità di scambio.
Rallentamento delle dinamiche relative alla retrogradazione del fosforo.
Protezione dei microelementi dall'insolubilizzazione grazie alla chelazione.
Aumento del potere tampone.
Fra le funzioni biologiche si segnala il ruolo svolto come substrato alimentare per lo sviluppo della pedofauna e dei microrganismi, ma anche un'azione di stimolazione dell'attività delle radici, che si espleta con meccanismi ancora poco noti e che fanno parte delle dinamiche d'interazione fra radice e rizosfera.
Fra le funzioni ecologiche, a quelle già citate, quali la protezione dall'erosione e la stimolazione dell'attività biologica in generale, va aggiunto l'importante ruolo svolto dalla sostanza organica nell'inattivazione, per adsorbimento di molteplici composti organici ad azione biotossica, sia di origine biologica (polifenoli) sia di origine sintetica (erbicidi e fitofarmaci in generale). I terreni ricchi di sostanza organica sono a tutti gli effetti importanti sistemi di smaltimento che riducono i fenomeni di inquinamento delle falde freatiche. Questo non significa che il terreno possa essere usato arbitrariamente come mezzo di smaltimento di rifiuti tossici provenienti da altre attività antropiche, ma non va trascurato il ruolo della sostanza organica nella riduzione dell'impatto ambientale di diverse sostanze che normalmente arrivano al terreno con l'attività agricola.
La sostanza organica sotto l'aspetto agronomico.
Le funzioni positive svolte dalla sostanza organica si riflettono in altrettanti benefici sotto l'aspetto agronomico. Questo concetto non si applica esclusivamente alle tecniche di agricoltura sostenibile (es. l'agricoltura biologica), ma ha una validità di carattere generale in quanto si riflette, oltre agli aspetti ambientali, anche sul costo relativo all'esecuzione di varie tecniche, con particolare riferimento alla concimazione, alle lavorazioni del terreno, all'irrigazione.
I rapporti con la concimazione riguardano in particolare la possibilità d'impostare livelli di fertilità chimica più alti beneficiando del maggiore potere assorbente che, a parità di condizioni, l'humus conferisce al terreno. Dal punto di vista economico va inoltre considerato il vantaggio di ridurre le perdite per dilavamento o per insolubilizzazione che possono riguardare rispettivamente l'azoto e il fosforo e, in casi estremi, le stesse basi quando si opera in terreni con scarso potere assorbente.
Le lavorazioni possono beneficiare delle migliori condizioni strutturali che si instaurano nei terreni che hanno una non trascurabile dotazione in argilla. L'aumento di sofficità che un'alta dotazione in sostanza organica conferisce ai terreni con tessitura fine o finissima si traduce in una minore tenacità e, in definitiva, in una riduzione dei costi energetici delle lavorazioni. Un altro aspetto importante è il miglioramento delle proprietà fisiche nei terreni gestiti con tecniche di non lavorazione attuate sia nei seminativi (sod seeding) sia negli arboreti (inerbimento). L'attuazione di queste tecniche permette di migliorare la dotazione in sostanza organica, a livelli comparabili a quelli di un suolo ricoperto da un pascolo, ed ottenere benefici in termini di resistenza al costipamento e all'erosione e, in generale, una migliore permeabilità.
I benefici sull'irrigazione derivano dalle migliori condizioni strutturali e dall'aumento della capacità di ritenuta idrica dei terreni ben dotati di sostanza organica. Ciò permette di ridurre sia le perdite per percolazione profonda, sia quelle per ruscellamento (qualora si operi in terreni in pendio). Una migliore ritenuta idrica permette inoltre di adottare una maggiore elasticità nell'impostazione dei turni di adacquamento.
Bilancio della sostanza organica.
Dinamica della sostanza organica in un terreno messo a coltura.AB: livello stazionario nel suolo naturaleBC: livello di transizione nel suolo sottoposto a coltivazioneCD:livello stazionario nel suolo agrarioDE: livello di transizione nel suolo abbandonato
In ogni tipo di suolo la dinamica della sostanza organica è la risultante dei processi di umificazione e mineralizzazione, che si svolgono contemporaneamente sia pure con intensità differenti secondo le condizioni pedoclimatiche. Nei suoli naturali le condizioni ambientali sono sostanzialmente stabili, con eventuali variazioni periodiche nel corso dell'anno dovute alla successione delle stagioni; ciò conduce all'instaurazione di un equilibrio dinamico, dal quale scaturisce una determinata dotazione in sostanza organica che può essere alta o bassa in relazione alle condizioni pedologiche, climatiche e vegetazionali. L'alterazione di queste condizioni, come ad esempio un disboscamento, un incendio, uno sconvolgimento climatico genera un aggiustamento delle dinamiche fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio, che in genere s'instaura su livelli più bassi.
La messa a coltura di un terreno naturale determina sempre una riduzione del tenore in sostanza organica. Ciò si deve all'alterazione del profilo pedologico causato dalle lavorazioni, alle migliori condizioni di aerazione, determinate dalle periodiche lavorazioni, che privilegiano la mineralizzazione a scapito dell'umificazione, e, in genere, alla riduzione della biomassa umificabile a causa dell'asportazione dei prodotti o della distruzione dei residui colturali. Osservando la dinamica della sostanza organica in un suolo naturale messo a coltivazione si nota una riduzione progressiva della dotazione in sostanza organica e in humus che, dopo un certo numero di anni si assesta a livelli stazionari più bassi. L'eventuale abbandono della coltivazione o l'adozione di tecniche conservative porta ad un lento incremento del tenore ma in genere il nuovo equilibrio si assesta a livelli stazionari più bassi rispetto a quelli del suolo naturale originario.
Il tenore in sostanza organica del terreno agrario è strettamente legato alle tecniche e alle rotazioni adottate in rapporto alle condizioni pedoclimatiche. Diversi sono i fattori che possono influenzare la dinamica.
Lavorazioni del terreno.Le lavorazioni periodiche interferiscono con il profilo e con la composizione della biocenosi edafica, ma soprattutto creano un aumento di porosità che si traduce in una maggiore aerazione e, di conseguenza, in una mineralizzazione più spinta. In generale abbassano dunque il tenore in sostanza organica. L'azione negativa si accentua con le lavorazioni profonde, come l'aratura e con quelle eseguite in epoca primaverile-estiva. Tecniche di gestione conservative come il sod seeding e l'inerbimento riducono notevolmente questo svantaggio.
Il letame è una delle fonti di sostanza organica nei suoli agrari.
Fertilizzazione organica.La fertilizzazione organica è fondamentale per incrementare il tenore in sostanza organica della seconda classe in quanto la biomassa incorporata si aggiunge a quella costituita principalmente dalle radici delle piante. L'efficacia della fertilizzazione è strettamente associata alla natura dei materiali apportati e in particolare hanno un ruolo ha un ruolo fondamentale il rapporto C/N che influenza il coefficiente isoumico K1[1].
Materiali con elevato rapporto C/N, come la paglia e i residui di potatura, sono ricchi in lignina e cellulosa e poverissimi in azoto, hanno una decomposizione lenta e difficile, con un basso grado di mineralizzazione e di umificazione, per cui tendono ad accumularsi nel terreno senza contribuire all'umificazione. Tradizionalmente si tende in genere ad evitare l'incorporamento di grandi quantitativi di questi materiali e si asportano e destinandoli ad altri usi o, in alternativa, si bruciano in campo per sfruttare l'effetto concimante della cenere. Questa pratica, se da un lato porta a immediati benefici, nel lungo periodo riduce notevolmente la fertilità potenziale del terreno.
Materiali con basso rapporto C/N, come i liquami, la pollina e altri prodotti di origine esclusivamente animale, sono poveri in lignina e cellulosa e ricchi in azoto di natura proteica. Questi materiali sono di rapida decomposizione, ma orientata prevalentemente alla mineralizzazione. Anche in questo caso il contributo all'umificazione è modesto, tuttavia mantengono elevati livelli di fertilità chimica grazie all'apporto di considerevoli quantità di elementi nutritivi disponibili in tempi relativamente brevi ma facilmente soggetti a perdite.
Materiali con rapporto C/N equilibrato, come il letame e il compost, hanno una composizione mista, in parte di origine animale e in parte di origine vegetale. Questa condizione favorisce la decomposizione e un sostanziale equilibrio fra mineralizzazione e umificazione. In definitiva si tratta dei migliori ammendanti organici, ma per il costo elevato hanno un utilizzo limitato e, in genere, destinato ai regimi colturali più redditizi. Nell'azienda agraria tradizionale aveva un ruolo determinante la presenza dell'allevamento: questa struttura, finalizzata al mantenimento degli animali da lavoro e, secondariamente, alla produzione di latte e carne, permetteva la produzione di ingenti quantitativi di materiale organico umificabile ottimizzando il reimpiego della paglia e delle deiezioni animali. La specializzazione degli indirizzi produttivi nell'agricoltura di mercato ha ridotto notevolmente questa risorsa, incrementando la produzione di materiali organici che singolarmente contribuiscono poco a mantenere buoni livelli di humus nel suolo.
Avvicendamenti colturali Le rotazioni colturali hanno un ruolo meno evidente ma di grande importanza per la stabilizzazione di un livello di equilibrio a ciclo poliennale. Le colture offrono differenti contributi al tenore in sostanza organica, in relazione alla quantità complessiva di biomassa prodotta e lasciata al terreno come residuo colturale. Per alcune colture l'asportazione di sostanza organica, sotto forma di prodotto sia principale sia secondario, è ingente, mentre per altre la quantità di biomassa residua è tale da contribuire in modo non indifferente al miglioramento del suolo. Su questo concetto si basa la tradizionale distinzione, ormai considerata obsoleta, fra colture miglioratrici (come ad esempio alcune colture da rinnovo e le foraggere) e depauperanti (altre colture da rinnovo e i cereali in generale). La casistica è molto vasta, ma alcuni casi specifici sono tradizionalmente citati nella letteratura come esempi chiave:
Il prato di leguminose foraggere (es. erba medica, trifoglio) è considerato una coltura miglioratrice per eccellenza in quanto lascia nel terreno residui con un rapporto C/N quasi equilibrato grazie all'azotofissazione simbiontica.
Il prato di graminacee foraggere (es. dattile, loietto) è considerato miglioratore in quanto accumula un notevole quantitativo di radici fini che permeano fittamente il terreno, favorendo una decomposizione che non viene disturbata dalle lavorazioni.
Le colture da rinnovo (es. barbabietola, patata, pomodoro, mais, ecc.) sono tradizionalmente considerate miglioratrici in quanto ad esse si destina in genere la fertilizzazione organica, perciò lasciano il terreno in un migliore stato di fertilità. In generale però il contributo intrinseco alla dotazione in sostanza organica è modesto in quanto la coltivazione in file distanziate, con interfila sarchiate o diserbate, riduce notevolmente il quantitativo di biomassa prodotta. Sul bilancio complessivo della sostanza organica gioca inoltre un ruolo non trascurabile l'azione delle lavorazioni, tradizionalmente intensificate in queste colture, e la destinazione dei residui colturali: ad esempio, nella pianura del Campidano, in Sardegna, è largamente diffusa la coltivazione del carciofo; questa coltura sarebbe di per sé miglioratrice per l'abbondante biomassa prodotta, ma si comporta in effetti come sfruttatrice in quanto al termine della stagione questa biomassa viene bruciata in campo oppure imballata e destinata come foraggio agli allevamenti ovini in aziende distinte.
Le leguminose da granella (es. la fava, il cece, la lenticchia) sono tradizionalmente considerate miglioratrici perché contribuiscono ad arricchire il terreno in materiale organico con rapporto C/N più equilibrato. In realtà l'effetto miglioratore è molto più blando rispetto a quello del prato di leguminose e queste specie si collocano meglio nella categoria delle colture da rinnovo. L'azoto prodotto dalla fissazione simbiontica, infatti, contribuisce in gran parte nel prodotto asportato, mentre i residui colturali hanno caratteristiche assimilabili a quelle della paglia; l'effetto miglioratore si limita per lo più alle masse radicali lasciate nel terreno.
Il riposo pascolativo (es. il maggese) ha un effetto miglioratore in quanto beneficia dello sviluppo spontaneo di una vegetazione prativa ricca di graminacee e delle deiezioni lasciate dagli animali al pascolo. Questo effetto si manifesta in particolare quando il riposo pascolativo si protrae per diversi anni, fino a qualche lustro, in quanto lo stato di fertilità del suolo agrario evolve assumendo le proprietà di un pascolo vero e proprio. Questa pratica è ancora adottata in aree circoscritte, ad agricoltura estensiva, nell'Italia meridionale alternando il riposo pascolativo alla monocoltura a cereali o ad altre colture industriali. Storicamente ha avuto un ruolo non indifferente nella conservazione della fertilità organica nei terreni destinati prevalentemente alla cerealicoltura: ad esempio, in Sardegna, regione che vanta una tradizione millenaria nell'uso civico delle terre, i terreni agrari non interessati dal latifondismo e dalle servitù feudali erano di proprietà collettiva e venivano amministrati dalle autorità dei villaggi ripartendoli, a cicli pluriennali alterni, fra l'esercizio della pastorizia e l'agricoltura, prevalentemente orientata alla produzione del grano. Questa tradizione ha per secoli ottimizzato il bilancio della sostanza organica nei fondi ad uso collettivo, realizzando de facto una gestione di tipo conservativo, contrapposta alla gestione depauperante che si è mantenuta nei latifondi fino al totale declino della cerealicoltura nel corso della dominazione spagnola.
I cereali autunno-vernini (es. grano, orzo) sono tradizionalmente considerati colture depauperanti in quanto la biomassa prodotta è ridottissima ed ha scarsa attitudine all'umificazione. Con queste colture si usa asportare completamente il prodotto (granella e paglia) e tradizionalmente si procede all'incendio delle stoppie o al loro pascolamento. In definitiva il contributo alla fertilità organica è modestissimo se non addirittura negativo; basti pensare che in Italia meridionale la monosuccessione a grano e orzo, praticata per secoli nelle aree interessate dal latifondismo, ha portato ad un inesorabile impoverimento di suoli che in antichità avevano un livello elevato di fertilità.
Note.
^ Il coefficiente isoumico K1 di un materiale organico esprime la resa teorica in humus, in rapporto alla sostanza secca. Ad esempio, il letame maturo, con un coefficiente pari a 50, ha una buona resa in quanto il 50% della sostanza secca viene convertita, in condizioni favorevoli, in humus; la paglia dei cereali, con un coefficiente compreso fra 15 e 20, ha invece una bassa resa e viene umificata con difficoltà.

Lotta biologica - aspetti generali

La lotta biologica consiste nel conservare e utilizzare gli antagonisti esistenti nell'ambiente naturale, col fine di controllare la densità delle popolazioni.
Sperimentato per la prima volta in California verso la fine dell'800 tale metodo di lotta riguardava perlopiù il settore entomologico e, solo con ricerche più prossime, ha cominciato ad interessare anche altri settori. Il principio si basa prevalentemente sull'utilizzo di insetti (parassiti) ed agenti patogeni (virus, crittogame, batteri, protozoi, nematodi), organismi che devono avere come requisiti fondamentali efficacia nel ridurre la popolazione bersaglio e specificità d'azione.
Se l'immissione dell'antagonista biologico alla malerba è stata efficace, in alcuni casi l'effetto si perpetua nel tempo senza che l'uomo apporti ulteriori interventi con conseguenti vantaggi sia dal punto di vista economico che ecologico.
I limiti fondamentali della lotta biologica consistono nel fatto che la ricerca scientifica per l'individuazione dell'agente biologico richiede elevati investimenti e nella lentezza che a volte si riscontra nell'azione benefica del metodo. Inoltre la ridotta biodiversità ed il frequente disturbo che caratterizzano l'ambiente agrario possono portare l'agente naturale al fallimento.
Si possono individuare quattro metodologie di lotta biologica:
- Classica o inoculativa
- Protettiva
- Poppagativa
- Inondattivo
È poi importante rilevare che tali metodi possono essere variamente inseriti all'interno di più articolati sistemi finalizzati alla gestione integrata delle infestanti soprattutto in conseguenza delle attuali politiche.

martedì 20 maggio 2008

Agricoltura Eco-compatibile

La metà della superficie dell'Unione europea è adibita all'agricoltura. Ciò è sufficiente a dimostrare l'importanza che l'attività agricola riveste per l'ambiente naturale dell'UE. L'interazione fra agricoltura e natura è profonda. Nel corso dei secoli l'agricoltura ha contribuito alla creazione e alla salvaguardia di una grande varietà di habitat seminaturali di elevato pregio. Al giorno d'oggi sono proprio questi habitat che plasmano la maggioranza dei paesaggi dell'UE ed ospitano molte specie della sua ricca fauna selvatica. L'agricoltura è inoltre fonte di reddito per una comunità rurale diversificata che non soltanto rappresenta un bene insostituibile della cultura europea ma svolge anche un ruolo fondamentale nel preservare l'equilibrio dell'ambiente.
"Una definizione di agricoltura sostenibile Eco-Compatibile - Integrata . "
Secondo la Società Americana di Agronomia, agricoltura sostenibile (anche detta eco-compatibile o integrata) è quella che:
- fornisce cibo e fibre per i bisogni umani ;
- è economicamente valida ;
- migliora le risorse naturali dell'azienda agraria e la qualità complessiva dell'ambiente ;
- migliora la qualità della vita per gli agricoltori e l'intera società .
Questo tipo di gestione dell'agricoltura si pone l'ambizioso obiettivo di soddisfare le esigenze economiche (di alimenti per i consumatori e di reddito per gli agricoltori) senza compromettere il "capitale ambiente", patrimonio di tutti e risorsa per le future generazioni. Nelle coltivazioni e negli allevamenti utilizza il più possibile i processi naturali e le fonti energetiche rinnovabili disponibili in azienda, riducendo così l'impatto ambientale dovuto all'uso di sostanze chimiche di sintesi (pesticidi, concimi, ormoni, antibiotici), alle lavorazioni intensive del terreno, alle monocolture e monosuccessioni, nonché allo smaltimento indiscriminato dei rifiuti di produzione (ad esempio i liquami zootecnici e i reflui di frantoio).
È ovvio che non esiste un unico modo di fare agricoltura sostenibile valido in tutto il mondo. Compito dell'agricoltore evoluto e sensibile è quello di adattare, con l'esperienza e con l'assistenza dei servizi tecnici, i risultati della ricerca e della sperimentazione alla propria realtà aziendale.
I modelli agricoli più diffusi in Italia che mettono in pratica i principi e le tecniche sostenibili sono le produzioni integrate, l'agricoltura biologica e quella biodinamica .

Prodotti tessili biologici

Informazioni generali
Il mercato dei prodotti tessili biologici è nato agli inizi degli anni ’90 quando l’industria della moda iniziò a lanciare nuovi prodotti tessili sia in USA che in Europa commercializzandoli come verdi, naturali e ecologici. Naturalmente erano tutte aziende importanti con marchi distribuiti a livello mondiale e che potevano sopportare ingenti investimenti. Tutto però era finalizzato all’utilizzo della materia prima, per ora il cotone biologico e, in misura minore la lana biologica, coltivati senza l’utilizzo di pesticidi chimici sintetici, fertilizzanti, stimolanti alla crescita e defolianti che sono causa di inquinamento del suolo e di malattie a vari livelli, dalla coltivazione all’utilizzo.

Negli ultimi anni, poi, la coltivazione del cotone ha riscontrato l’interesse dell’ingegneria genetica; il cotone è stato modificato geneticamente per la prima volta nel 1996 e ad oggi è diffuso in tutto il mondo; la produzione del cotone biologico risulta comunque 1% ca della produzione mondiale di cotone convenzionale. Inoltre le aziende che utilizzano il cotone biologico si comportano in base ad un codice deontologico, riconosciuto ormai a livello globale che prevede, per i lavoratori, la massima tutela a livello umano, sociale, salutistico e ambientale. I produttori di tessile biologico hanno rivolto la loro attenzione anche alla filiera tessile in modo che tutte le lavorazioni che portano alla costruzione del capo finito avessero le caratteristiche di naturale e non tossico.

A questo proposito iniziarono ad operare a livello mondiale un gran numero di enti per la certificazione di tessile biologico competenti a verificare, in base a disciplinari di produzione depositati, materie prime e ispezionare impianti e luoghi al fine di concedere l’utilizzo di un particolare marchio che contraddistingue una produzione tessile biologica e conseguentemente tuteli il consumatore; tutti questi enti devono avere il proprio disciplinare di produzione accreditato presso IFOAM (international federation of organic agricolture movements), organizzazione sopranazionale che raggruppa oltre 750 membri in 108 paese con sede centrale in Germania.

Il consumatore, quindi, ha la certezza di acquistare tessile biologico solamente se al prodotto è applicato il marchio di un ente certificatore riconosciuto.
Attualmente tutti questi enti certificatori sparsi per il mondo stanno attuando uno sforzo comune al fine di una omogeinizzazione tesa alla definizione di un unico disciplinare di produzione ( il “Global Standard”).


La produzione
La coltivazione biologica del cotone ha avuto inizio verso la fine degli anni ‘80 e nel 1990 le aziende che coltivavano cotone erano poco più di 100 per un totale di circa 380 ettari e per una produzione complessiva di 113 t. Da quei primi anni, la produzione ha continuato a progressivamente crescere con un notevole incremento nel periodo 2000-2005 nel quale la produzione è passata dalle 6.480 tonnellate della stagione 2000-2001 a oltre 30.000 t della campagna 2005-2006. La crescita sembra peraltro essere entrata in una fase tumultuosa tanto che le previsione per la stagione 2006-2007 sono di circa 50.000 tonnellate con un incremento rispetto alla campagna precedente del 61,81%.


La domanda dell’Industria Tessile
Nel 2004 le imprese tessili che proponevano sul mercato filati e tessuti in cotone da agricoltura biologica erano poco più di 70. Alla fine del 2005, secondo i dati di Organic Exchange, il numero era passato ad oltre 200. La domanda di fibra di cotone esercitata dalle imprese tessili è passata dalle 23.000 tonnellate del 2005 alle 100.000 tonnellate che Organic Exchange prevede di raggiungere nel 2008.


La situazione italiana
In Italia l’interesse per il Tessile Biologico è stato sostenuto e portato avanti in questi anni dall’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB), che nel 1999 ha organizzato la prima Conferenza internazionale sul tema e nel 2000 ha adottato il primo ed unico standard italiano per la produzione dei Prodotti Tessili Biologici. La certificazione dei prodotti tessili biologici in accordo allo standard è rilasciata dall’Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (ICEA) che concede anche la licenza d’uso del marchio Tessile Biologico AIAB.

Per quanto riguarda la dimensione del settore tessile BIO in Italia, cresce il numero delle imprese certificate che producono una ampia gamma di prodotti tessili come filati, tessuti a maglia e denim destinati all’abbigliamento e al settore biancheria. A questi si aggiungono anche imprese che producono prodotti destinati al settore sanitario o della cura della persona (idrofilo, tessuto non tessuto, nettoyage). La tipologia e la dimensione delle imprese che richiedono e raggiungono la certificazione, oltre allo stesso dato della crescita, testimoniano la fase positiva che sta vivendo il settore ed offrono una interessante prospettiva per il prossimo futuro.


Il caso dell’Uzbekistan
La regione del Lago di Aral, in Uzbekistan, rappresenta sicuramente l’esempio più drammatico e noto degli effetti della produzione intensiva di cotone di tipo convenzionale: a causa delle grandi quantità d’acqua impiegate per l’irrigazione dei campi di cotone, quello che era una volta il quarto lago interno più grande della terra si è ridotto ad un terzo delle sue dimensioni originali. Inoltre la concentrazione di sale è aumentata da 10 a 34 g/l, e di conseguenza la flora e la fauna sono andate distrutte. 1,3 milioni di ettari di terra coltivata, ovvero quasi il 42% della superficie coltivabile dell’Uzbekistan, presenta zone salifere. In seguito alla perdita dell’effetto mitigatore del Lago di Aral, il clima è cambiato ed è diventato più continentale (Becker P., 1992). L’approvvigionamento d’acqua per le popolazioni proviene da acque di superficie altamente inquinate dai pesticidi. Questa catastrofe ecologica non è priva di conseguenze per gli esseri umani: fin dalla metà degli anni ‘70, sono aumentate le malattie ereditarie, così come le malattie infettive dello stomaco, dell’intestino e delle vie respiratorie. La mortalità infantile è alta e le deformità sono divenute più frequenti

IL COMPOSTAGGIO

Tutti coloro che posseggono un giardino, anche piccolo, sanno bene quanti "rifiuti" verdi esso produca, soprattutto se è affiancato da un piccolo orto. E sanno anche quanto del tempo che dedicherebbero alle cure delle coltivazioni, deve essere speso invece per conferire alle isole ecologiche, o ai cassonetti, sacchi e sacchi di erba tagliata, rami, foglie, e magari anche di verdure o frutti troppo maturi, o estirpati per far posto ad altre colture.Il Compostaggio ci permette di utilizzare questi rifiuti, che diventano materie prime, per produrre una discreta quantità di ottimo terriccio umifero; in questo modo il tempo impiegato per le "pulizie" del nostro giardino potrà ricompensarci, anche offrendoci del buon concime per il nostro giardino ed il nostro orto.Infatti, l'opportuno stoccaggio e trattamento di rami, foglie, erba, avanzi di cibo, bucce di frutta e verdura, permette a batteri, microrganismi e piccoli insetti di cibarsene, di svilupparsi e di decomporre le sostanze organiche presenti nei nostri rifiuti; dopo alcuni mesi il materiale organico così trattato diventerà una massa di microrganismi e di sostanze nutritive, chiamato compost, simile all'humus che possiamo trovare nel sottobosco: un terreno soffice, ben aerato e ricco di minerali, ottimo per le nostre colture.
I tipi di composter Prima di tutto è necessario scegliere il tipo di composter più adatto ai nostri scopi; quindi è il caso di valutare sia il tempo che solitamente dedichiamo al verde della nostra casa, sia la quantità di rifiuti che di solito il nostro giardino produce.Il cumulo: se il nostro giardino è grande avremo la possibilità di costituire un cumulo per il compostaggio, oppure una piccola zona, possibilmente rettangolare, delimitata da una rete a maglie fini o da un graticcio. E' consigliabile coprire il cumulo di compost con teli di tessuto non tessuto, o di iuta, per evitare l'incidenza diretta dei raggi del sole, e anche per limitare l'apporto di acqua dovuto alle piogge.Composter: si tratta di una campana, spesso in plastica, dotata di un'apertura superiore, per l'inserimento del materiale da compostare, e di un'apertura laterale, oppure di una saracinesca, per prelevare il compost maturo o per controllare l'andamento del compostaggio. Alcuni tipi di composter vengono distribuiti dai comuni, che garantiscono anche, a chi li utilizza, uno sconto sulle tariffe di smaltimento dei rifiuti.Bidoni: se il materiale che desideriamo compostare è poco, o se desideriamo attuare il Compostaggio in uno spazio ristretto, potremo utilizzare dei bidoni, o delle cassette, opportunamente perforati, per permettere una migliore aerazione, e dotati di coperchio.
In ogni caso è bene che i contenitori per il Compostaggio siano privi di fondo, oppure con il fondo costituito da una grata, e che vengano posti a contatto con il terreno: in questo modo dal terreno del nostro giardino migreranno nel compost lombrichi e altri insetti che ne accelerano la decomposizione. Inoltre dovrebbero essere dotati di coperchio, in modo che la pioggia non ne alteri il contenuto. Per accelerare la decomposizione è anche meglio triturare il materiale che si desidera compostare, in modo che sia più facilmente digeribile dai batteri e dagli insetti.

COMPOSTAGGIO A CALDO
Il Compostaggio a caldo Si intende "a caldo" il Compostaggio di una grande quantità di materiale di scarto, almeno un metro cubo, che, decomponendosi, produce calore; al centro della massa di materiale organico la temperatura può raggiungere i 60° C.Posizione: per compostare al meglio grandi quantità di materiale dobbiamo seguire alcuni accorgimenti, per non rischiare che il nostro composter si riempia di materiale marcescente e maleodorante.Per evitare che il nostro compost si scaldi troppo o si secchi è opportuno posizionare il composter in un luogo semi ombreggiato, possibilmente in una zona coperta dai rami di una pianta caducifolia: in questo modo ovvieremo anche alla possibilità che in inverno il compost si raffreddi troppo.Aerazione: perché i batteri e i microrganismi si propaghino nei nostri rifiuti è bene che la presenza di ossigeno sia alta, altrimenti al loro posto si produrrebbero troppi batteri anaerobi, tipici della marcescenza, che producono nel nostro compost cattivo odore e composti tossici; per questo è opportuno che il primo strato del cumulo, o il fondo del contenitore, sia costituito da rami e foglie tritati grossolanamente, in modo che il compost resti sollevato dal terreno. Inoltre è buona norma mescolare i rifiuti più umidi, come l'erba, con altri più secchi, in modo che il materiale nel composter non si compatti troppo rapidamente, impedendo all'aria di circolare liberamente.Per migliorare l'aerazione e la miscelazione del materiale inserito nel composter si consiglia di intervenire periodicamente, almeno 2-3 volte nei primi due mesi, smovendo e rivoltando la massa di Compostaggio con un forcone; se comunque dovessimo notare un rapido compattamento, almeno nelle prime settimane, è meglio praticare dei fori di aerazione nel compost per mezzo di un bastone. Umidità: per la corretta proliferazione dei batteri nel compost è necessario il giusto gradi di umidità; è bene quindi garantire una buona presenza di acqua, innaffiando il materiale inserito nel composter, oppure garantendo una buona quantità di materiale umido, come erba o scarti della pulizia di frutta e verdura. In un compost secco e in un compost zuppo di acqua i batteri muoiono e il nostro Compostaggio fallisce.Per accertarsi del giusto grado di umidità del compost è sufficiente stringere in mano una manciata di materiale da compostare, questa dovrebbe soltanto inumidire il palmo della nostra mano; se sgocciola ci affretteremo ad inserire nel composter materiale secco, ad esempio segatura, se invece ci appare privo di umidità è bene annaffiarlo, oppure introdurre strisce di carta inumidite.Rapporto Carbonio/Azoto: per garantire una buona decomposizione è bene ricordare che i batteri proliferano meglio in un substrato molto ricco di Carbonio, presente nel legno, nella paglia, nella carta; è comunque necessario il giusto tenore di Azoto, presente ad esempio negli scarti di cucina, che deve essere presente in quantità assai minore rispetto al Carbonio.Il modo migliore per essere sicuri di mantenere il giusto rapporto Carbonio/Azoto consiste nel fare attenzione a mescolare il maggior numero di materiali di scarto, evitando la preponderanza di uno sugli altri.Enzimi: per assicurarci che la decomposizione avvenga nel mogliore dei modi possiamo anche aggiungere nel composter degli enzimi, dispinibili in commercio, che accelerano la maturazione del compost migliorandone la "digestione" da parte dei batteri ed eliminando nel contempo eventuali odori sgradevoli.

COMPOSTAGGIO A FREDDO
Il Compostaggio a freddo Se disponiamo di poco spazio, ma vogliamo cimentarci nel compostaggio, possiamo farlo anche su un balcone o in cantina, in piccoli contenitori, avverrà il Compostaggio a freddo, per il quale è utile seguire tutti gli accorgimenti di quello a caldo, ricordandoci di stare molto attenti all'umidità, ma anche a non introdurre semi di piante infestanti o malate, per evitare poi di spargere con il nostro compost malattie e semi.Possiamo anche avvalerci dell'aiuto prezioso dei lombrichi: è sufficiente porli in un contenitore ben aerato e coperto, con fogli di carta inumiditi, avanzi di cucina e un po' di terra; posizionare il contenitore in un luogo ombreggiato e ci aiuteranno a decomporre il materiale organico, generando un ottimo humus per i nostri vasi.
Materiali che si possono inserire in un composter- Rami e foglie, opportunamente triturati.- Erba, possibilmente secca, per evitare che compatti troppo il materiale nel composter.- Gusci d'uova, possibilmente tritati, in modo che vengano decomposti più facilmente.- Avanzi di cibo cotto; è bene aggiungerne in quantità esigua, per evitare che attirino topolini o mosche.- Avanzi di frutta e verdura, bucce, scarti.- Fiori secchi.- Erbacce estirpate dal giardino; per evitare che i semi rimangano vivi nel compost è bene inserirli al centro della massa da compostare, in modo che raggiungano le temperature maggiori.- Fondi ti caffè e tè.- Carta, possibilmente non stampata.- Cenere di legna, in piccola quantità.- Aghi di pino, ricordandoci che abbassano il ph del compost.
Materiale da non mettere nel composter
- Qualsiasi tipo di materiale plastico.- Cenere di carbone.- Contenitori in tetrapak. - Carta stampata, anche se a volte alcuni fogli di giornale possono essere utili.- Vetro.- Ceramica.- Alluminio e metalli in genere.- Ossa; il tempo necessario a decomporle è troppo alto.- Tessuti sintetici o comunque tinti.
Utilizzo del compost Dopo 6-9 mesi il nostro compost è maturo e può essere utilizzato togliendolo dal lato del contenitore, che continueremo a riempire, ricordandoci di rimescolare ogni tanto il nuovo materiale inserito.Il terriccio che otterremo è fertile e profuma di sottobosco (se è maleodorante qualcosa è andato storto nel compostaggio!), possiamo utilizzarlo come concime per le piante del giardino, per i vasi, nelle buche delle nuove piante da mettere a dimora. Se siamo particolarmente frettolosi potremo cominciare ad utilizzare il compost quando è ancora fresco, dopo 2-3 mesi, anche se la sua qualità è sicuramente inferiore a quella del compost maturo.Prima di utilizzare il compost per lo scopo che preferiamo è bene setacciarlo, con un vaglio a maglie abbastanza larghe, in modo da evitare di distribuire per il nostro giardino pezzetti di legno o grumi di compost non ancora perfettamente decomposto.

I Macroelementi (N,P,K)

Azoto (N).
L'azoto, contenuto negli affluenti zootecnici sia come l'azoto minerale sia come l'azoto organico è presente in percentuale diverse a seconda del tipo di effluente. Si distinguono le seguenti forme di azoto:
  • azoto minerale: comprende l'azoto in forma solubile prontamente disponibile per la nutrizione delle piante;
  • azoto organico: comprende l'azoto che entra nella composizione delle più o meno complesse molecole organiche, queste vengono degradate dai microrganismi decompositori in tempi diversi a seconda della loro composizione

Fosforo (P).

Il fosforo contenuto negli effuenti è per la maggior parte in forma inorganica; questa costituisce circa l' 80% del fosforo totale. La restante parte è in forma organica. Il fosforo, sia in forma inorganica che organica è contenuto prevalentemente nella frazione solida degli affluenti e solo in minima misura è in soluzione. La disponibilità di fosforo degli affluenti per le culture è elevata sopratutto nelle deiezioni avicole e, tra i liquami, in quelli suini; l'efficacia come fetilizzante è pari a quella dei concimi chimici. I fosfati sono normalmente ben trattenuti dal suolo , in certi terreni per esempio nei suoli sabbiosi poveri di sostanza organica la capacità di fissazione è però scarsa per cui i fosfati possono essere sogetti a lisciviazione.

Potassio (k)

Il potassio è contenuto negli affluenti è prevalentemente in forma disciolta. La disponibilità di potassio fornito dagli affluenti è quasi uguale a quella dei concimi minerali. In generale il potassio non comporta problemi di impatto sull'ambiente anche se occorre prestare una certa attenzione alla concimazione con liquame bovino, particolarmente ricco di potassio per evitare fenomeni di carenza nelle piante.

martedì 13 maggio 2008

Azoto

Video sul ciclo dell'azoto


L'azoto è il principale elemento fertilizante che condiziona la crescita dei vegetali, esso entra, infatti nella composizione delle proteine, degli enzimi, degli acidi nucleici, della clorofilla e di altre molecole organiche, inoltre, stimola l'attività vegetativa della piante.
L'azoto è assorbito dalla pianta prevalentemente come nitrato, ma anche come ione ammonio.
La carenza di azoto provoca l'ingiallimento delle foglie per mancanza di clorofilla e accrescimento stentato della pianta. L'eccessivo apporto di azoto determina uno sviluppo rigoglioso dell'apparato fogliare, una ritardata fruttificazione e una minore resistenza meccanica dei tessuti che stentano a lignificare, con possibile allettamento soprattutto nei cereali. Questo stato, inoltre, rende la pianta meno resistente agli attacchi dei parassiti (funghi e insetti) e al gelo. Un eccessivo assorbimento di azoto da parte delle piante, infine, può comportare fenomeni di accumulo di nitrati nei tessuti vegetali con conseguenti problemi di tossicità per gli animali che si nutrono di foraggi e per l'uomo.

Rivoluzione verde: cotone e lino, cresce il tessile biologico.

L’industria della moda ricorre sempre più ai tessuti biologici, anche se per il momento si tratta solamente di sperimentazioni ed operazioni d’immagine. Lifegate ha lanciato una linea di jeans realizzati interamente con cotone biologico e tinte naturali (ne ho ricevuto un paio gratis in qualità di socio, e devo dire che sono confortevoli e per nessun aspetto inferiore ai tradizionali denim). Ma anche buona parte dei prodotti della linea solidal Coop sono realizzati in cotone biologico. L’Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale ha emesso il certificato alla ditta ItalDenim, che realizza il primo tessuto denim per jeans italiano in cotone da agricoltura biologica. L’azienda integra verticalmente tutte le fasi del processo produttivo: dalla balla di cotone al denim. Anche l’Atelier Stimamiglio ottiene la certificazione ICEA con la Linea Moda Nathù‘ che combina il concetto di biologico con quello di fashion, facendo emergere un ruolo del design e della moda italiana nel settore del tessile bio. Non a caso un recente documento del Pitti ribadisce che gli orientamenti moda 2008 includono anche il biologico. Repubblica fa un resonconto di alcune tendenze internazionali.
Tutto ciò spinge la produzione di tessuti bio. Secondo quanto riportato da Ecotextile, rivista telematica che si occupa di fibre naturali, nel periodo 2005-2006 la produzione di cotone biologico ha superato del 4,9% le previsioni effettuate negli anni passati. Attualmente ci sono circa 65 gruppi in tutto il mondo che si occupano della produzione di cotone biologico o che sono sul punto di avviare la loro attività entro i prossimi due anni. E sono ben 45 le organizzazioni certificate che già commercializzano il loro prodotto.
La situazione è particolarmente interessante soprattutto nei paesi del Sud-Est asiatico dove gli ottimi raccolti registrati negli ultimi anni hanno permesso alla regione di diventare il maggiore centro di interesse per il settore, grazie soprattutto alla crescita produttiva di un paese come l’India. Nuovi progetti molto interessanti stanno prendendo il via anche in Brasile, in Spagna, in Grecia e in Vietnam. Diversa la situazione nel Nordamerica e in molti paesi dell’Africa dove le previsioni per il 2006-2007 parlano di raccolti meno ricchi del passato, nell’ultimo caso per la diminuzione delle piogge.
In generale la produzione di fibre naturali è un settore in estrema crescita e lo dimostra il fatto che le Nazioni Unite abbiano dichiarato che il 2009 sarà l’Anno internazionale delle fibre naturali. La decisione è stato presa nel corso di un recente meeting a New York. L’obiettivo è quello di far crescere la consapevolezza dei consumatori, ma anche delle aziende, circa l’importanza delle fibre naturali nell’economia mondiale, oltre che per ciò che concerne la salute umana e il futuro dell’intero pianeta.
E in Italia potrebbe essere il turno del lino biologico.
Immaginiamo un campo di lino nella pianura piemontese. Magari al posto di una risaia. Fanta-agricoltura? No, è possibile, tornando a un passato lontano quando il lino cresceva nella pianura padana e veniva poi macerato negli abbondanti corsi d’acqua. oggi le piantagioni, come quelle della canpa, sono scarse o inusuali.
Eppure potrebbero essere ripristinate e trovare applicazione in campo industriale creando una sinergia tra mondo agricolo e settore della lavorazione. Un’azienda tessile d’avanguardia, la «Crespi 1797» di Ghemme, nel Novarese, ha rispolverato il lino biologico per realizzare tessuti ecocompatibili, sempre più richiesti dal mercato. Non è il primo passo per questa «casa» che ha aggiunto al nome la data di nascita come marchio imprescindibile di una storia secolare.
Con la canapa ha già realizzato borse per le più prestigiose firme del ramo. Adesso è la volta del lino biologico: Crespi si serve dei campi in Olanda, dove questo tipo di coltivazione è molto sviluppato. Ma potrebbe essere vicino il momento in cui anche il «Piemonte possa entrare in gioco: il lino è ricomparso in alcune aziende piemontesi e in Lomellina. Potrebbe essere una nuova frontiera. Francesca Crespi, amministratore delegato, ne è convinta: «Indossare un capo biologico è come mangiare biologico, un modo per rispettare la natura rifiutando metodi di produzione invasivi e devastanti».

IL FOSFORO NELLA PIANTA

Il fosforo, come l'azoto e il potassio, è un elemento nutritivo essenziale per la vita della pianta anche se rispetto agli altri due viene utilizzato in quantità minore. Il fosforo entra nella composizione degli acidi nucleici (DNA, RNA) delle fosfoproteine, delle sostanze di riserva (fitina lecitine, fosfatidi) dei semi dei cereali e delle leguminose; è parte integrante di diversi coenzimi tra cui l'ATP (adenosintrifosfato), indispensabile nel metabolismo cellulare per il trasporto di energia.
Il fosforo è fattore di precocità perchè favorisce la fioritura, l'allegagione, la maturazione dei frutti oltre che la lignificazione, la resistenza meccanica e l'accrescimento dell'apparato radicale; conferisce, inoltre, resistenza agli attacchi parassitari ed ai fattori ambientali come il gelo.
La carenza di fosforo, che si manifesta soprattutto nei terreni acidi dove i fosfati risultano quasi sempre fissati al Fe e all'Al, e quindi insolubili, determina un accrescimento stentato delle piante con conseguente nanismo; le foglie assumono una colorazione verde scuro e, a volte, rossastro-violacea, per accumolo di antocianine. La fioritura, la fruttificazione e la maturazione sono ritardate.
Il fosforo viene assorbito dalla pianta come anione fosfato, prevalente come fosfato monovalente, ma anche come fosfato bivalente, sebbene in maniera più lenta.

La cultura pura

La cultura pura consiste nella coltivazione di una sola specie o varietà rappresentata dal modello dell'agricoltura meccanizzata intensiva dei paesi industrializzati.Il campo è destinato alla sola specie coltivata i cui individui sono, tra loro, in stretto rapporto di competizione nutrizionale intraspecifica, se si prescinde dalle infestanti e dai fitofagi fitopatogeni.In questa situazione il fattore critico che determina la produzione è la densità di coltivazione, cioè il numero di individui della specie coltivata in rapporto all'unità di superfice in condizioni di bassa densità si avrà una minore competività e viceversa.Il massimo della resa lo si ottiene quandola densità di coltivazione è ottimale cioè quando si ha la migliore combinazione tra il numero delle piante presenti e le risorse nutrizionali riferite all'unità di superfice.La bassa densità consente un maggior accumulo di sostanza secca negli organi ripproduttivi, favorendo ad esempio la produzione delle granelle dei cereali, in situazione di alta densità si ha una distribuzione della sostanza secca, all'interno della pianta che non favorisce la riproduzione.Applicando d esempio queste osservazioni alla coltivazione del mais vediamo che un ibrido di mais viene seminato con una densità di 7 piante m, se è destinato aprodurre granella, se invece e destinato a produrre trtinciato di mais da insiliare, viene portato da una densità quasi doppia. Da queste osservazioni si può ritenere che vi è una densità ottimale per ogni destinazione produttiva che non può essere superata, pena l'insorgenza di fenomeni di competizione che deprimono le rese.

lunedì 12 maggio 2008

Catalogo dei piu importanti concimi chimici

I più importanti concimi chimici

1 I concimi AZOTATI
Nome: nitrato di calcio(concime nitrico);
titolo:15,5%;
aspetto: granulare;
solubilità: molto elevata;
proprietà chimiche: basico;
pregi agronomici: pronto effetto; è adatto quando l'asfissia e la temperatura fredda rendono inattivi i batteri nitrificanti;
diffetti:presenta un costo elevato per unità fertilizzante e inoltre è facilmente dilavabile.
Nome: nitrato di sodio (concime nitrico)
titolo:15 ,5% aspetto: granulare solubilità molto elevata; proprieta chimiche: fisiologicamente basico;
pregi agronomici: pronto effetto;
difetti: facilmente dilavabile;
Nome. amoniaca anidra (concime ammoniacale)
titolo:82% ;
aspetto: liquido;
solubilità: molto elevata;
proprietà chimiche: in soluzione acquosa è basica;
pregi agronomici: ha un altro titolo ed un basso costo;
difetti: la sua distribuzione è resa difficile per le speciali attrezzature richieste (botte pressurizzata).
Nome: solfato ammonico concime ammoniacale
titolo: 20- 21%;
aspetto: sale cristallino;
solubilità: molto elevata;
proprietà chimiche: fisiologicamente acido;
pregi agronomici: possiede un elevato contenuto in zolfo ed è poco dilavabile, perchè assorbente del terreno;
difetti: non è consigliabile nei terreni calcio carenti perchè è decalcificante. Nome: nitrato ammonico concime nitrico ammoniacale;
titolo: 26 -27 %è prodotto anche al 33%;
aspetto: granulare;
solubilita: molto elevata;
proprietà chimiche: acido in soluzione;
pregi agronomici: è il concime azotato piu pregiato perchè contiene metà azoto sotto forma nitrica e metà sotto forma ammoniacale.

CONCIMI COMPLESSI
I concimi complessi contengono due o tre elementi nutritivi vengono perciò chiamati, rispettivamente, concimi binari o ternari. Il titolo dei concimi complessi, per convenzione viene espresso indicando prima la % di N poi di P e infine di K ; ad esempio il ternario 11-22-16 contiene l'11% di N , il 22% di P ed il 16% di K.
I concimi complessi presentano, rispetto ai concimi semplici, i seguenti vantaggi:
1. minori costi di trasporto, di imbalaggio, di immagazzinamento e di distribuzione;
2. sono formulati appositamente e spesso hanno rapporti di formula adeguati a specifiche coltivazioni, rendendo più facile la concimazione;
3. il fosforo ed il potassio in essi contenuti presentano maggiore solubilità,
in relazione al legame con l'azoto, che ne favorisce la solubilità. Inoltre si manifesta, spesso, anche un'azione sinergica; ad esempio i sali di ammonio, combinati con concimi fosfatici, favoriscono l'assimilazione del fosforo;
4. La forma, sempre granulare, favorisce lo spandimento.

Nome: nitrato di potassio concime binario di N e K ;
titolo: 13% N, 00% P, 44% K;
aspetto: piccoli cristalli;
solubilità: debole/media;
proprietà chimiche: fisiologicamente neutro;
pregi agronomici: consigliato su tutte le piante potassofile;
difetti: indicato, generalmente, solo per alcune colture industriali o ortive per il particolare titolo e rapporto N/K ;

Nome: fosfato biammonico concime binario di N e P;
titolo: 18% N 46% P 00% K
aspetto: granuli cristallini;
solubilità: buona;
proprietà chimiche: fisiologicamente neutro, con reazione debolmente alcalina;
pregi agronomici: è un ottimo concime per il sinergismo azoto/fosforo è molto economico e non ha nessuna controindicazione. E' particolamente adatto alle concimazioni localizzate alla semina;
difetti: non si riconoscono difetti significativi.

AGRICOLTURA INTENSIVA

L'agricoltura intensiva, praticata in paesi avanzati (Canada, Stati Uniti, Australia, Europa occidentale), è un'agricoltura che prevede un forte impegno di capitali: si tende ad elevare il livello di produttività (t/ha, tonnellate per ettaro) attraverso l'utilizzo macchinari, pesticidi, fertilizzanti chimici e nell'ultimo periodo,varietà colturali geneticamente modificate (OGM).E' "un'agricoltura industrializzata", condotta e gestita in una prospettiva aziendale, tutta protesa alla commercializzazione di prodotti destinati a soddisfare i bisogni delle aree megalopolitane e delle grandi città. Per sostenere i ritmi della domanda (le aree urbane richiedono un costante "flusso in entrata" di prodotti agricoli) si cercano di forzare i ritmi della natura, modificando gli equilibri ecologici e facendo registrare alti valore di impatto ambientale. Lo sfruttamento intensivo comporta, inevitabilmente, maggiori rischi di degradazione del suolo (alterato nelle sue componenti per l'immissione continua di sostanze chimiche) e forte inquinamento delle acque interne (bacini lacustri, fiumi, falde freatiche) in cui, per la porosità del terreno, penetrano tali sostanze. Anche l'eutrofizzazione delle acque marine può essere considerata una conseguenza diretta di tali sistemi colturali.
Giordania, irrigazioni rotanti e colture nel deserto.
L'agricoltura intensiva è caratterizzata dalla monocultura in quanto la coltivazione di un'unica varietà vegetale comporta minore deversificazione dei trattamenti, delle modalità di produzione e, di conseguenza, un forte abbattimento dei costi. La specializzazione colturale rappresenta un pericolo per la biodiversità in quanto porta alla semplificazione delle varietà vegetali e alla fine di agroecosistemi (ecosistemi agricoli) tradizionali, di gran lunga più ricchi dal punto di vista biologico. In questo senso la salvaguardia dei paesaggi agrari storici si configura come salvaguardia della biodiversità.
Messico, area coltivata ad aloe. Per produrre cosmetici e pomate molti ettari di terreno fertile sono destinati ad una coltura funzionale alle industrie di Stati Uniti ed Europa Occidentale.
Gli alti costi in termini ambientali di una pressione agricola così forte gravano non solo sui singoli territori ma a lungo termine su tutto l'ecosistema planetario: tali considerazioni sono alla base di sistemi alternativi eco-compatibili.In Italia uno sfruttamento intensivo si registra soprattutto nella Pianura Padana. Nel Mezzogiorno, invece, la forte frammentazione dei terreni ad uso agricolo, la prevalenza di coltivazione a piante legnose (pero, melo, vite, olivo etc…) piuttosto che a seminativi (grano, ortaggi, etc..) e la natura collinare di molte aree ostacolano la diffusione di un'agricoltura industrializzata
Fonte: http://www.aiig.it