lunedì 10 novembre 2008

La clonazione genetica

La clonazione è la riproduzione asessuata di alcuni organismi unicellulari, di alcuni invertebrati(platelminti, anellidi, ecc.) o di alcune piante. Il termine viene anche utilizzato per indicare la tecnica di produzione di copie geneticamente identiche di organismi viventi tramite manipolazione genetica, ma l'uomo utilizza da tempo questa tecnica anche in agricoltura con talee, margotte e innesti.

Il termine deriva dal greco klön, ramoscello, ed è divenuto di uso comune quando si è iniziato a parlare con molta insistenza delle tecniche di clonazione durante gli anni novanta, quando prima Neal First (1994), quindi Ian Wilmut (il padre della famosa pecora Dolly - 1996) provarono a clonare, con successo, una pecora.

Clonare un organismo, pertanto, vuol dire creare ex-novo un essere vivente che possiede le stesse informazioni genetiche dell'organismo di partenza. Quindi le moderne tecniche di clonazione prevedono il trasferimento nucleare del somatocita nucleare dal nucleo di un uovo per sostituirlo con un nucleo estratto da una cellula dell'organismo da clonare, con l'accortezza che l'uovo utilizzato sia della stessa specie del vivente da replicare. Quindi, viene tolto il nucleo da un ovocita e da una qualunque cellula somatica, e il nucleo di quest'ultima è messo nell'ovocita. Poiché il nucleo contiene quasi tutte le informazioni genetiche necessarie per realizzare una forma di vita, l'uovo ricevente si svilupperà in un organismo geneticamente identico al nucleo donatore.

1997

Nasce Dolly, il primo animale clonato a partire da cellule somatiche adulte e quindi completamente differenziate. L'esperimento fu effettuato dal gruppo di ricerca di Ian Wilmut e pubblicato su Nature. Vennero prelevate cellule dalla ghiandola mammaria di una pecora adulta di razza Finn Dorset, furono disgregate e mantenute in un terreno di coltura privo di alcuni nutrienti per rallentarne la divisione cellulare e bloccarle in una fase del ciclo chiamata G0 (stadio di quiescenza). Le cellule furono poi incubate in un terreno contenente il Sendai il quale si lega alla membrana plasmatica delle cellule somatiche e serve successivamente a facilitarne la fusione con l'oocita. Furono trasferite 277 cellule somatiche in altrettanti oociti prelevati da pecore di razza diversa. Di questi, 29 si svilupparono fino allo stadio di morula/blastocisti e vennero trasferiti nell'utero di 13 femmine surrogate. Di queste 29 blastocisti solo una completò lo sviluppo fino alla nascita, la famosa Dolly.

Il DDT

l diclorodifeniltricloroetano o DDT è un solido incolore altamente idrofobico, con un leggero odore di composto aromatico clorurato; è quasi insolubile nell'acqua ma ha una buona solubilità nella maggior parte dei solventi organici, nel grasso e negli olii. Il nome IUPAC esatto è 1,1,1-tricloro-2,2-bis(p-clorofenil)etano, abbreviato in Dicloro-Difenil-Tricloroetano, da cui l'acronimo DDT.

Fu il primo pesticida moderno ed è senz'altro il pesticida più conosciuto; venne usato dal 1939 come potente antiparassitario soprattutto per debellare la malaria. La sua scoperta come insetticida fu del chimico svizzero Paul Hermann Müller, alla ricerca di un prodotto efficace contro i pidocchi, ma la sua nascita risale al chimico austriaco Othmar Zeidler che lo sintetizzò nel 1873.

Fu scelto come prodotto per combattere la zanzara anofele, responsabile della diffusione della malaria, perché si credeva che, sebbene altamente tossico per gli insetti, fosse innocuo per l'uomo. Agli inizi fu usato con successo per combattere la diffusione della malaria e del tifo, sia su popolazione civile che militare. Il chimico svizzero Paul Hermann Müller fu premiato nel 1948 con il Premio Nobel in Fisiologia e Medicina "per la scoperta della grande efficacia del DDT come veleno da contatto contro molti artropodi".

Nel 1950, la Food and Drug Administration dichiara che "con tutta probabilità i rischi potenziali del DDT erano stati sottovalutati". Nel 1972, il DDT viene proibito negli Stati Uniti, nel 1978 anche in Italia.

Nell'Unione Europea, il DDT è etichettato con la frase di rischio R40: "Possibilità di effetti cancerogeni - Prove insufficienti" L'Agenzia Internazionale per il Cancro IARC lo ha inserito nella categoria 2B "limitati indizi di cancerogenicità".

Nel 1962, un'attivista ambientalista americana, Rachel Carson, pubblicò il libro Silent Spring, che denunciava il DDT come causa del cancro e nocivo nella riproduzione degli uccelli dei quali assottigliava lo spessore del guscio delle uova. Il libro causò clamore nell'opinione pubblica; il risultato fu che nel 1972 il DDT venne vietato per l'uso agricolo negli USA e vide nascere il movimento ambientalista. Il dibattito è ancora acceso per quanto riguarda il suo uso nel combattere la malaria, in alcuni paesi dell'Africa e in India, dove la malaria è endemica, il rischio di tumore dovuto al DDT può passare in secondo piano davanti alla riduzione dell'elevato tasso di mortalità dovuto alla malaria. Nel corso del 2006, l'OMS ha dichiarato che il DDT, se usato correttamente, non comporterebbe rischi per la salute umana e che il pesticida dovrebbe comparire accanto alle zanzariere e ai medicinali come strumento di lotta alla malaria.

La Fillossera





La fillossera (Phylloxera vastatrix, o Viteus vitifoliae) è un afide parassita della vite appartenente alla famiglia dei Phylloxeridae. Originaria del nord America, è giunta in Europa alla fine del XIX secolo.
Danni
I danni provocati da questo afide sono differenti in base alla specie di vite colpita:

- sulle viti europee (Vitis vinifera, Vitis silvestris) la fillossera provoca danni limitati al solo apparato radicale e non sulla chioma (anche se ultimamente sono stati riscontrati numerosi casi di danni fogliari anche su viti europee);
- sulle viti americane (Vitis rupestris, Vitis berlandieri, Vitis riparia) provoca danni limitati all'apparato aereo e non sulle radici.

Sulle radici si formano tuberosità e nodosità in seguito alle punture effettuate dall'insetto.
In questo modo viene compromessa la normale funzionalità dell'apparato radicale, che va incontro a disfacimento.
Inoltre l'afide penetra all'interno della radice stessa dove produce sostanze ormonali che rendono il tessuto più debole e facilmente attaccabile da funghi e batteri, responsabili di infezioni letali (ad es. cancri).
Sulle foglie le punture della fillossera provocano la formazione, in prossimità della pagina inferiore, di "galle" all'interno di ognuna delle quali sono alloggiate in media 500 uova. Anche i piccioli fogliari, i viticci ed i tralci erbacei vengono interessati dall'attacco dell'afide.
Lotta
La lotta alla fillossera consiste essenzialmente nel ricercare le varietà americane più adatte a fungere da portinnesto per quelle europee.
Nella costituzione di nuovi impianti, vengono cioè utilizzate piante innestate in cui l'apparato radicale (portinnesto o piede), resistente alla fillossera, viene fornito da specie americane; mentre la porzione epigea (varietà innestata) appartiene a specie europee.
Nelle zone, invece, dove ancora vengono utilizzate viti non innestate, la lotta alla fillossera viene fatta tramite alcuni importanti accorgimenti quali: impiantare su terreni sabbiosi, che ostacolano la diffusione dell'afide; disinfestare il terreno prima di un nuovo impianto; …
Principi attivi da utilizzare contro la fillossera sono: DNOC (contro le uova, in inverno), fosfamidone (in primavera).




http://digilander.libero.it/agronomic/index_00002a.htm

I Macroelementi

Azoto

L'azoto (N) entra nella composizione delle piante in una proporzione che varia a seconda della fase vitale dall'1 al 6%. La maggior di questo elemento viene impiegato dai vegetali per la formazione diproteine ed ha una importante ruolo nella formazione della clorofilla.L'azoto esercita sui vegetali un'azione violenta di stimolo dell'accrescimento: una pianta ben provvista di azoto cresce rapidamente, producendo un ampio apparato assimilatore e assumendo una colorazione verde scuro dovuta all'abbondanza di clorofilla.Una somministrazione eccessiva può causare ritardi nella fioritura, abbassamenti di tenore zuccherino e minore resistenza al caldo e alle avversità.Le piante assimilano principalmente l'azoto nitrico che è molto solubile in acqua, ma non viene trattenuto del terreno, per cui può perdersi in profondità.Questo elemento viene assorbito dalla pianta per l'intera durata del ciclo vitale, che se ne serve per lo sviluppo l'apparato vegetativo e per la formazione di sostanze di riserva e nei tessuti, ma soprattutto per la formazione delle radici e degli organi riproduttivi.


Il Fosforo

Il fosforo (P)è uno dei composti responsabili degli scambi energetici che hanno luogo in tutti gli esseri viventi, interviene nella sintesi clorofilliana come acido fosfoglicerico, è uno dei composti base del DNA e RNA e costituisce una delle sostanze di riserva dei semi e dei tuberi.Le piante hanno il fabbisogno maggiore di Fosforo nelle primissime fasi di sviluppo, ed è fondamentale per un buon sviluppo dell'apparato radicale.Contrariamente all'azoto il fosforo è un fattore di precocità e favorisce tutti i fenomeni attinenti alla fioritura, fecondazione e maturazione.Nel terreno e nei fertilizzanti normalmente si trova sotto forma di anidride fosforica.


Il Potassio

Questo macroelemento (K) ricopre un ruolo importante nella costituzione dei tessuti vegetali: è assolutamente indispensabile e partecipa alle funzioni fisiologiche di una grande quantità di processi, come la regolazione della semipermeabilità della membrana cellulare, la regolazione dell'equilibrio acido-basico, la formazione e l'accumulo di sostanze di riserva, conferisce resistenza alle avversità.Tradotti in effetti queste funzioni producono una maggiore qualità dei prodotti come la frutta, un maggior peso specifico nei cereali, alto contenuto zuccherino nella barbabietola.

Il Calcio

Il calcio (Ca) è coinvolto nella formazione della parete cellulare, nella permeabilità della membrana e nella divisione delle cellule. La buna disponibilità conferisce alla pianta una maggiore resistenza agli attacchi fungini e alle infezioni batteriche.

Il Magnesio

Il magnesio (Mg) riveste particolare importanza perché entra nella costituzione delle molecole di clorofilla e quindi partecipa alla fotosintesi. Un pH al di sotto del 5.5 può inibire il suo assorbimento.


Lo Zolfo

Lo zolfo (Z) richiesto dalla pianta sotto forma di solfato in quantitativi paragonabili a

quelli del fosforo ed è importante che il suo rapporto con l'azoto sia di 1:10

Impianto di un vigneto















Un vigneto viene creato partendo da una serie di condizioni preliminari che non possono essere trascurate ovvero, l'analisi del terreno sia fisica che chimica ed un eventuale concimazione di fondo a base di sostanza organica. L'operazione di concimazione di fondo dovrebbe essere seguita da uno scasso a 80-100 cm o da una scissura sempre alla stessa profondità. In questo caso specifico è bene incrociare il passaggio del ripper, ovvero, effettuare passaggi sia in larghezza che in lunghezza nel nostro appezzamento. Dopo le operazioni di scasso, è bene controllare il livello del terreno in maniera tale da non lasciare avvallamenti che potrebbero creare problemi di ristagni idrici. Creare un vigneto significa operare in più fasi, tutte ugualmente importanti:

1. Messa a dimora delle barbatelle;
2. Messa a dimora dei pali di sostegno dei filari;
3. Stesura dei fili;
4. Messa a dimora dei sostegni minori per ogni singola barbatella.

Manutenzione dell'impianto.

La messa a dimora viene effettuata facendo un foro nel terreno con una palina ad una profondita di circa 30 cm ed inserendo la barbatella o a radice intera o a radice leggermente scorciata per stimolare la ripresa vegetativa riattivata anche da un immersione 12 ore prima delle barbatelle in acqua.

Composizione dell'acino

L'uva è il frutto della vite e si sviluppa in grappoli a seguito della fecondazione dei fiori. L'acino dell'uva è attaccato al rachide - detto anche raspo - e questa parte, a causa delle sostanze che lo compongono e che influirebbero negativamente sul gusto del vino, viene eliminata prima della pigiatura dell'uva tramite un processo detto diraspatura. L'acino dell'uva si presenta con una forma generalmente sferica o allungata ed è ricoperto dalla buccia il cui spessore varia in accordo ad ogni singola varietà e può costituire addirittura il 10% del suo peso. La buccia è ricca di pectine, cellulosa, sostanze aromatiche e componenti polifenolici - generalmente definiti come tannini - responsabili del colore dei vini rossi, e in buona parte, della struttura e dell'astringenza. Sia le sostanze aromatiche sia i polifenoli contenuti nella buccia possono essere estratti attraverso la macerazione nel mosto - il succo dell'uva prodotto dalla pigiatura - e la quantità di estrazione è proporzionale al tempo di macerazione. Questi polifenoli sono solubili nell'alcol - che si produce durante la fermentazione del mosto - e in minore misura, anche nell'acqua. Per questa ragione le bucce delle uve rosse vengono fatte macerare nel mosto proprio per dare colore ai vini rossi e per estrarre aromi e tannini. Il succo dell'uva, sia di quelle bianche sia di quelle rosse, ha un colore giallo verde, pertanto se si evita completamente la macerazione delle bucce nel mosto, è possibile ottenere vini bianchi da uve rosse, come nel caso di molti spumanti metodo classico prodotti con Pinot Nero. Allo stesso modo, una breve macerazione sulle bucce - in genere di poche ore - consente di ottenere vini rosati utilizzando uve rosse. Si deve comunque ricordare che la quantità di sostanze coloranti contenuta nella buccia delle uve rosse è diversa a seconda delle singole varietà e pertanto ogni uva rossa avrà proprie capacità e qualità coloranti. La buccia dell'uva è ricoperta da una sostanza cerosa - la pruina, meglio visibile nelle uve a bacca rossa per il suo colore biancastro - sulla quale possono anche trovarsi dei lieviti, naturalmente presenti nell'aria, che al contatto con il succo attiveranno la fermentazione alcolica. La polpa dell'acino dell'uva è ricca di acqua, zuccheri - presenti in misura variabile fra il 15% e il 25% della materia totale - acidi, pectine, sali minerali, vitamine e sostanze azotate. La concentrazione di questi elementi è variabile a seconda della zona dell'acino.



Sezione del chicco d'uva

Sezione del chicco d'uva

Se si osserva un acino d'uva in sezione, si possono individuare tre zone distinte in cui la polpa assume consistenze e concentrazioni di sostanze diverse e la cui quantità varia anche in accordo al grado di maturazione (Figura ). L'area che si trova subito dopo la buccia - la parte più esterna - è ricca di tannini e sostanze aromatiche, contiene circa il 30% dello zucchero e circa il 20% di acidi. Nella parte intermedia si registra la maggiore concentrazione di zucchero - quasi il 40% - e circa il 30% di acidi. La parte più interna, in cui si trovano anche i vinaccioli, si registra la maggiore concentrazione di acidi - circa il 50% - e circa il 30% di zuccheri. I vinaccioli sono ricchissimi di polifenoli - di natura piuttosto astringente - che saranno estratti durante la pigiatura degli acini e si aggiungeranno quindi al mosto. Nei vinaccioli si trovano inoltre anche sostanze grasse dalle quali si può ricavare olio.Per effetto della pigiatura degli acini si ottiene il mosto composto dalle varie sostanze liquide e solide presenti nelle varie zone della polpa e nella buccia. L'acqua rappresenta l'elemento principale e compone il mosto per circa il 70-80%, zuccheri per il 15-30%, acidi per lo 0,5-1,5% e altre sostanze quali minerali, vitamine, polifenoli, componenti aromatici, pectine, sostanze azotate, enzimi e microrganismi (lieviti, batteri e muffe). Gli zuccheri principali del mosto sono il fruttosio e il glucosio. Ogni grammo di zucchero contenuto nel mosto produce - per effetto delle fermentazione - circa 0,67 grammi di alcol e pertanto misurando la quantità di zuccheri nel mosto è possibile prevedere il grado alcolico del vino al termine della fermentazione. Per esempio, se un litro di mosto contiene 20 grammi di zucchero, il grado alcolico del vino sarà di circa 13,4° (20 × 0,67 = 13,4). Gli acidi più importanti presenti nel mosto sono l'acido tartarico, l'acido malico e l'acido citrico. L'acido tartarico - tipico dell'uva - è certamente il più importante ed è presente in maggiore percentuale rispetto agli altri. I polifenoli - generalmente detti tannini e presenti in quantità variabili in accordo a diversi fattori compresi quelli climatici, ambientali, varietà d'uva e pratiche enologiche - sono responsabili del gusto del vino e del colore e dell'astringenza nei vini rossi. Fra i componenti polifenolici più importanti si ricordano gli antociani, responsabili del colore dei vini rossi, e i flavoni, che svolgono un ruolo principale nel colore dei vini bianchi.

L'effetto serra


Da milioni di anni la terra è costantemente irraggiata dalle radiazioni elettromagnetiche provenienti dal sole, scaldano il nostro pianeta e danno origine alla vita. Quello che citiamo spesso come "il problema dell'effetto serra" è in realtà un fenomeno naturale da sempre presente sulla terra. Dall'effetto serra deriva la temperatura terrestre. Senza l'effetto serra la temperatura del globo sarebbe in media 30 gradi più fredda, ovvero oscillerebbe intorno ad una temperatura di -18° C. Perché si parla di effetto serra? Il problema è causato dall'eccessiva presenza di questi gas nell'atmosfera tale da causare l'aumento della temperatura terrestri. I principali gas serra sono l'anidride carbonica, il metano e il vapore acqueo. Questi gas svolgono due importanti funzioni:
Filtrano le radiazioni provenienti dal sole, evitando in tal modo di far giungere fino alla superficie terrestre quelle più nocive per la vita.
Ostacolano l'uscita delle radiazioni infrarosse. I raggi solari rimbalzano sul suolo terrestre dirigendosi nuovamente verso l'alto. I gas serra presenti nell'atmosfera impediscono la loro completa dispersione nello spazio, facendoli nuovamente cadere verso il basso. Come una gigantesca serra.

Le responsabilità dell'uomo


Le emissioni di anidride carbonica sono il principale nemico da combattere. L'80% delle emissioni di anidride carbonica proviene dalla combustione del petrolio, del metano e del carbone. Un inquinamento cresciuto esponenzialmente con l'industrializzazione delle attività umane. Nel novecento, il livello di CO2 in atmosfera è aumentato del 40% rispetto al secolo precedente come conseguenza dello sviluppo dei trasporti (in particolare l'invenzione dell'automobile come bene di massa). La CO2 ha una durata media in atmosfera di circa 100 anni. Se pure smettessimo oggi di produrre emissioni di CO2 non riusciremmo comunque a ridurre in breve tempo la presenza di anidride carbonica nell'atmosfera. Le reazioni dell'ambiente sono quindi discontinue e irreversibili e non mostrano immediatamente i loro reali effetti o conseguenze. Si accentuano i fenomeni meteo estremi come gli uragani, le tempeste e le inondazioni. Nessuno però può dire con certezza quali siano le reali conseguenze a livello planetario. Un motivo in più per affrontare con estrema urgenza il problema.


I paesi che emettono la maggior parte dei gas serra sono i paesi industrializzati, ma anche paesi in via di sviluppo stanno svolgendo un ruolo significativo: al primo posto per quantitativi di gas serra ci sono gli Stati Uniti d'America (~30%) mentre la Cina è già al secondo posto.



Un primo tentativo di limitare l'alterazione climatica indotta dall'uomo è il protocollo di Kyoto al quale alcuni paesi come gli Stati Uniti hanno deciso di non aderire, inizialmente citando studi in cui si metteva in dubbio la responsabilità delle attività antropiche, poi, nel 2005, sostenendo che l'economia americana non sarebbe pronta ad effettuare la transizione verso un minore impatto ambientale. La sede dell'UNEP si trova a Nairobi.





Fitoiatria: mezzi e metodologie di lotta

L'adozione degli interventi fitoiatrici può avvenire in due momenti diversi.
1. Profilassi: l'intervento è programmato preventivamente allo scopo di impedire o di ridurre l'instaurarsi del processo infettivo, oppure di impedire o ridurre l'eventuale infestazione parassitaria sull'ospite vegetale.
2. Terapia: l'intervento viene effetuato successivamente all'insorgere della malattia o dell'infestazione, in questo caso il significato che assume l'intervento è di cura della malattia o di riduzione della presenza parassitaria.
I mezzi utilizzati in fitoiatria per il controllo delle malattie sono molteplici ma tutti riconducibili ai seguenti concetti fondamentali:
- mezzi la cui azione è mirata e diretta nei confronti nel patogeno o comunque della causa della malattia, sono i più diffusi ( es. lotta, chimica, quasi sempre di tipo terapeutico, lotta biologica);
- mezzi che intervengono sull'ambiente per renderlo più idoneo alla coltivazione e sempre meno ai patogeni parassiti (es. pratiche colturali di tipo preventivo);
-mezzi che tendono ad aumentare la capacità intrinseche di resistenza del vegetale alle malattie o agli attacchi dei parassiti (es. miglioramento genetico - preventivo).
Tutti i mezzi di lotta possono essere compresi nel concetto di lotta integrata , che oggi è la massima espresione della fitoiatria, essa è intesa come l' unione di tutti i mezzi di lotta, compatibili con le esigenze ecologiche, che integrandosi a vicenda ottengono la massima copertura con il minore danno ambientale. I principali mezzi di intervento utilizzabili in fitoiatria sono i seguenti :
  • - interventi agronomici
  • - interventi con mezzi fisici e meccanici
  • - interventi con mezzi legislativi
  • - interventi con mezzi biologici
  • - interventi con mezzi biotecnologici
  • - interventi con mezzi chimici.