martedì 20 maggio 2008

Prodotti tessili biologici

Informazioni generali
Il mercato dei prodotti tessili biologici è nato agli inizi degli anni ’90 quando l’industria della moda iniziò a lanciare nuovi prodotti tessili sia in USA che in Europa commercializzandoli come verdi, naturali e ecologici. Naturalmente erano tutte aziende importanti con marchi distribuiti a livello mondiale e che potevano sopportare ingenti investimenti. Tutto però era finalizzato all’utilizzo della materia prima, per ora il cotone biologico e, in misura minore la lana biologica, coltivati senza l’utilizzo di pesticidi chimici sintetici, fertilizzanti, stimolanti alla crescita e defolianti che sono causa di inquinamento del suolo e di malattie a vari livelli, dalla coltivazione all’utilizzo.

Negli ultimi anni, poi, la coltivazione del cotone ha riscontrato l’interesse dell’ingegneria genetica; il cotone è stato modificato geneticamente per la prima volta nel 1996 e ad oggi è diffuso in tutto il mondo; la produzione del cotone biologico risulta comunque 1% ca della produzione mondiale di cotone convenzionale. Inoltre le aziende che utilizzano il cotone biologico si comportano in base ad un codice deontologico, riconosciuto ormai a livello globale che prevede, per i lavoratori, la massima tutela a livello umano, sociale, salutistico e ambientale. I produttori di tessile biologico hanno rivolto la loro attenzione anche alla filiera tessile in modo che tutte le lavorazioni che portano alla costruzione del capo finito avessero le caratteristiche di naturale e non tossico.

A questo proposito iniziarono ad operare a livello mondiale un gran numero di enti per la certificazione di tessile biologico competenti a verificare, in base a disciplinari di produzione depositati, materie prime e ispezionare impianti e luoghi al fine di concedere l’utilizzo di un particolare marchio che contraddistingue una produzione tessile biologica e conseguentemente tuteli il consumatore; tutti questi enti devono avere il proprio disciplinare di produzione accreditato presso IFOAM (international federation of organic agricolture movements), organizzazione sopranazionale che raggruppa oltre 750 membri in 108 paese con sede centrale in Germania.

Il consumatore, quindi, ha la certezza di acquistare tessile biologico solamente se al prodotto è applicato il marchio di un ente certificatore riconosciuto.
Attualmente tutti questi enti certificatori sparsi per il mondo stanno attuando uno sforzo comune al fine di una omogeinizzazione tesa alla definizione di un unico disciplinare di produzione ( il “Global Standard”).


La produzione
La coltivazione biologica del cotone ha avuto inizio verso la fine degli anni ‘80 e nel 1990 le aziende che coltivavano cotone erano poco più di 100 per un totale di circa 380 ettari e per una produzione complessiva di 113 t. Da quei primi anni, la produzione ha continuato a progressivamente crescere con un notevole incremento nel periodo 2000-2005 nel quale la produzione è passata dalle 6.480 tonnellate della stagione 2000-2001 a oltre 30.000 t della campagna 2005-2006. La crescita sembra peraltro essere entrata in una fase tumultuosa tanto che le previsione per la stagione 2006-2007 sono di circa 50.000 tonnellate con un incremento rispetto alla campagna precedente del 61,81%.


La domanda dell’Industria Tessile
Nel 2004 le imprese tessili che proponevano sul mercato filati e tessuti in cotone da agricoltura biologica erano poco più di 70. Alla fine del 2005, secondo i dati di Organic Exchange, il numero era passato ad oltre 200. La domanda di fibra di cotone esercitata dalle imprese tessili è passata dalle 23.000 tonnellate del 2005 alle 100.000 tonnellate che Organic Exchange prevede di raggiungere nel 2008.


La situazione italiana
In Italia l’interesse per il Tessile Biologico è stato sostenuto e portato avanti in questi anni dall’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB), che nel 1999 ha organizzato la prima Conferenza internazionale sul tema e nel 2000 ha adottato il primo ed unico standard italiano per la produzione dei Prodotti Tessili Biologici. La certificazione dei prodotti tessili biologici in accordo allo standard è rilasciata dall’Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (ICEA) che concede anche la licenza d’uso del marchio Tessile Biologico AIAB.

Per quanto riguarda la dimensione del settore tessile BIO in Italia, cresce il numero delle imprese certificate che producono una ampia gamma di prodotti tessili come filati, tessuti a maglia e denim destinati all’abbigliamento e al settore biancheria. A questi si aggiungono anche imprese che producono prodotti destinati al settore sanitario o della cura della persona (idrofilo, tessuto non tessuto, nettoyage). La tipologia e la dimensione delle imprese che richiedono e raggiungono la certificazione, oltre allo stesso dato della crescita, testimoniano la fase positiva che sta vivendo il settore ed offrono una interessante prospettiva per il prossimo futuro.


Il caso dell’Uzbekistan
La regione del Lago di Aral, in Uzbekistan, rappresenta sicuramente l’esempio più drammatico e noto degli effetti della produzione intensiva di cotone di tipo convenzionale: a causa delle grandi quantità d’acqua impiegate per l’irrigazione dei campi di cotone, quello che era una volta il quarto lago interno più grande della terra si è ridotto ad un terzo delle sue dimensioni originali. Inoltre la concentrazione di sale è aumentata da 10 a 34 g/l, e di conseguenza la flora e la fauna sono andate distrutte. 1,3 milioni di ettari di terra coltivata, ovvero quasi il 42% della superficie coltivabile dell’Uzbekistan, presenta zone salifere. In seguito alla perdita dell’effetto mitigatore del Lago di Aral, il clima è cambiato ed è diventato più continentale (Becker P., 1992). L’approvvigionamento d’acqua per le popolazioni proviene da acque di superficie altamente inquinate dai pesticidi. Questa catastrofe ecologica non è priva di conseguenze per gli esseri umani: fin dalla metà degli anni ‘70, sono aumentate le malattie ereditarie, così come le malattie infettive dello stomaco, dell’intestino e delle vie respiratorie. La mortalità infantile è alta e le deformità sono divenute più frequenti