lunedì 17 novembre 2008

Separazione dell'olio


Il mosto d'olio ottenuto dall'estrazione contiene sempre una quantità residua d'acqua che viene separata per effetto della differente densità dei due liquidi attraverso la decantazione o la centrifugazione.

La centrifugazione verticale è il sistema impiegato in tutti gli impianti per separare l'olio dall'acqua. Al processo è sottoposto sia il mosto d'olio ottenuto per spremitura o per centrifugazione orizzontale, sia l'acqua di vegetazione ottenuta dalla centrifugazione orizzontale.



Allo scopo si utilizzano separatori centrifughi verticali. Che per effetto della differente densità olio e acqua si separano in due differenti efflussi. Durante la rotazione si ha un accumulo di residui solidi (morchie) che vengono espulsi tramite un sistema di sicurezza automatizzato.


Molitura e gramolatura

Dopo aver lavato e fatto sgocciolare le olive, vengono frantumate attraverso i frantoi.
Esistono diversi tipi di frantoi, i più interessanti sono:
• il frantoio a molazza;
• il frantoio a martelli.
Il frantoio con la molazza consiste in una vasca in ghisa, sul fondo di essa girano da 1 a 3 ruote in granito che schiacciano le olive contenute nella vasca.
Mentre il frantoio a martelli è costituito da martelli che ruotando sbattono le olive contro una griglia cilindrica che provoca la rottura è il passaggio delle olive attraverso i fori. La miglior qualità di olio si ottiene con l’utilizzo della molazza per la sua azione calma.





Le olive dopo essere molite si presentano sotto forma di pasta, che viene rimescolata per 20-40 minuti in modo da rompere la membrana delle cellule oleifere, consentendo così una successiva estrazione dell’olio, avendo in fine una resa maggiore di olio. Questa operazione si chiama gramolatura ed è eseguita dalla gramolatrice dotata di un recipiente cilindrico nel quale la pasta viene rimescolata grazie a delle palette rotanti. Dotate di un dispositivo possono stratificare la
pasta-d’olio sui fiscoli.


l'estrazione per sinolea


Il principio fisico su cui si basa la Sinolea, concepito fin dal 1911, è la differenza fra la tensione superficiale dell'acqua di vegetazione e quella dell'olio: per effetto di questa differenza, l'olio tende ad aderire facilmente ad una superficie metallica rispetto all'acqua, la quale viene separata per percolazione. Il metodo di estrazione viene detto anche per filtrazione selettiva.
La Sinolea consiste fondamentalmente in una vasca contenente la pasta d'olio, prodotta da un frangitore a martelli, nella quale s'immerge il dispositivo estrattore. Quest'ultimo è costituito da una serie di alcune migliaia di lame d'acciaio che viene immersa nella pasta d'olio con un moto alternativo continuo.
Ad ogni ciclo d'immersione il sollevamento del dispositivo fa sgrondare l'acqua di vegetazione per effetto della gravità mentre l'olio aderisce alle superfici metalliche.
Il moto è piuttosto lento, con una velocità di rotazione dell'ordine di 7-9 giri al minuto. Durante il moto di ritorno le superfici metalliche vanno a contatto con un dispositivo raschiatore che rimuove l'olio facendolo confluire in un sistema di raccolta. Questo sistema permette di ottenere un olio di altissima qualità, tuttavia ha una resa piuttosto bassa.

Vitigni e vini Italiani, (in particolar modo Sardi) più diffusi.

I vitigni più diffusi in Italia sono:
  • Rossi; nebbiolo, sangiovese, primitivo, montepulciano;
  • Bianchi; trebbiano, vernaccia, moscato e vermentino (in Sardegna il Vermentino di Gallura, è uno dei più conosciuti e rinomati vini in Sardegna e in tutto il mondo, vino a denominazione di origine controllata e garantita, caratterizzato da una notevole struttura e alcolicità; tra i DOC si possono citare l'Alghero vermentino frizzante, e il vermentino di Sardegna, contraddistinto da caratteristiche più diversificate, dal vino più strutturato a quello più fresco e usato come aperitivo).

La mosca dell' olivo

In quasi tutte le aree in cui è coltivato l’olivo c’è un nemico quasi invisibile che agisce indisturbato. Si tratta del parassita più pericoloso della coltura olivo, la mosca delle olive (Bactrocera oleae).


La mosca dell’ulivo è simile alle altre mosche che colpiscono la frutta con dimensioni di circa 4-5 mm, facilmente riconoscibile dal "puntino" nero presente all’apice delle ali (vedi figura a lato).mosca-olivo Il clima gioca un ruolo importante per lo sviluppo di questa specie che sono diverse per i singoli stadi di vita di questo insetto (tre stadi larvali).
Le condizioni di temperatura ideale di questo insetto sono quelle comprese tra 22-30°C.
Il periodo di pre-ovideposizione delle femmine neosfarfallate è di circa 5-7 giorni alla temperatura di 25°C, mentre la durata dello stadio di uovo, larva e pupa è rispettivamente di 3, 14 e 15 giorni.
Gli adulti della mosca diventano attivi solo quando la temperatura supera i 14°C e si arresta allorquando questa supera i 31-33 °C. Va sottolineato che il perdurare di giornate estive caratterizzate da alte temperature (maggiori di 31°C), bassa umidità ed assenza di pioggia causano un'elevata mortalità delle uova e delle larve presenti all'interno dei frutti.

La mosca dell'olivo sverna prevalentemente allo stadio di pupa nelle drupe rimaste sulla pianta o nel terreno, i primi voli si possono già avvistare nei mesi di Aprile Maggio (dipende in quale regione italiana ci troviamo), tuttavia va aggiunto che nelle aree a clima caldo, possono svernare e sopravvivere anche per 7 mesi. La femmina non ovidepone finché le olive non hanno raggiunto un diametro di 7-8 mm e comunque non prima della fase fenologica dell'indurimento del nocciolo.

Dopo l'ovideposizione, che avviene praticando una puntura sulla buccia dell'oliva nella quale viene lasciato un solo uovo nella cavità sottostantmosca-larvae, si sviluppa la larva. La schiusura dell’uovo avviene dopo un periodo variabile e strettamente legato alle condizioni climatiche, nel periodo estivo circa 2-3 giorni mentre nel periodo autunnale circa dieci giorni. Con la nascita della larva che supera tre stadi mosca i dannilarvali all’interno dell’oliva nutrendosi della polpa, inizia l’attività trofica all’interno dell’oliva. E’ qui che iniziano i danni temuti da tutti gli olivicoltori. Infatti la larva in questa fase scava gallerie per nutrirsi innescando cosi una serie di indebolimenti del frutto. Con la fuoriuscita dell’adulto dal frutto che avviene nell’ultimo stadio, è visibile il foro di uscita che permette all’aria di penetrare all’interno dell’oliva ossidandola e rendendola debole.

I danni provocati dalla mosca dell’olivo sono sostanzialmente tre:

* - distruzione diretta della polpa di cui si alimentano le larve
* - caduta dei frutti infestati (cascola)
* - alterazione della qualità delle olive con conseguenze sulla qualità dell’olio che se ne ottiene


La lotta alla mosca dell’olivo
Quando le olive con punture fertili, cioè con presenza di uova o giovani larve, raggiunge il 10% del campione preso in esame, è conveniente eseguire un trattamento. Un campione attendibile può essere formato da 100 olive recuperata su 10 piante prensenti su una coltivazione di un ettaro.

Trattamenti mosca dell’olivo
I trattamenti applicati contro la mosca dell’olivo sono sostanzialmente tre:

* - trattamenti chimici
* - lotta biologica ed integrata
* - lotta biotecnica


Bisogna valutare attentamente il fenomeno di attacco, è molto importante orientarsi in base all’entità della presenza di adulti e al tipo di punture.
larva mosca olivo Nelle zone in cui l’attacco della mosca olivo è tardivo e di limitata intensità, come per esempio in alcune aree del sud Italia in zone di alta collina, si può ricorrere alla lotta biotecnica, che consiste nella cattura massale mediante trappole, che vanno posizionate sin dalla prima comparsa degli adulti, in modo da tenerne bassa la popolazione. Questo tipo di cattura, mediante trappole, è inutile in oliveti di piccole dimensioni mentre inizia ad essere efficace in oliveti con superficie superiore a 4-5 ettari.
Se l’entità, la presenza di adulti e il tipo di punture, è di maggiore intensità, si potrà valutare l’opportunità di interventi con repellenti o prodotti chimici convenzionali. In agricoltura biologica, bisogna adoperare pesticidi naturali o comunque quelli ammessi per questo tipo di olivicoltura, e in ogni caso cercando di scegliere quelli che presentano un basso impatto ambientale.
Si vuole segnalare anche il metodo di lotta antibatterico, che si è dimostrato abbastanza efficace se usato tempestivamente, specie quando si utilizzano mix di rame e propoli, e i classici presidi fitosanitari, quali il dimetoato o la deltametina che presenta un basso impatto ambientale.

La continua ricerca di metodi per contrastare in modo efficace la mosca dell’olivo, sono orientate verso metodi che richiedano sempre di più, un limitato numero di interventi e un basso impatto ambientale. Verso questa via entrano in gioco i cosiddetti insetti utili antagonisti della mosca.
Un insetto che si è dimostrato antagonista ed efficace nel limitare i danni provocati dalla mosca olivo, è il Psytallia concolor, un insetto esotico che è stato importato e pare adattarsi bene al clima italiano. Un altro insetto che viene sperimentato come antagonista e che ha dimostrato di poter diventare un nuovo efficace agente di controllo è il Fopius Arisanus, che trova il suo ambiente di sopravvivenza ideale in condizioni climatiche caldo-secche quindi abbastanza adattabile al clima del mezzogiorno d’italia. Naturalmente la ricerca in questo senso continua con i suoi esperimenti legando sempre di più l’assoluta difesa dell’ambiente.

Informazioni dettagliate su questo insetto sono consultabili su wikipedia.org.

I fitofarmaci

I prodotti fitosanitari (o fitofarmaci) sono tutti quei prodotti, di sintesi o naturali, che vengono utilizzati per combattere le principali avversità delle piante (malattie infettive, fisiopatie, parassiti e fitofagi animali, piante infestanti) hanno un ruolo determinante nell’attuale agricoltura, essendo usati per difendere le colture da parassiti (soprattutto insetti e acari) e patogeni (batteri, virus, funghi), per controllare lo sviluppo di piante infestanti e per assicurare l’ottenimento di elevati standard di qualità dei prodotti agricoli.
Tuttavia, essendo i fitofarmaci generalmente costituiti da sostanze tossiche (in alcuni casi cancerogene), il loro uso improprio, non sperimentato e non autorizzato, determina rischi e pericoli per la salute umana e animale. Il loro impiego ha un impatto ormai largamente confermato sulle proprietà fisiche e chimiche dei suoli e sulla micro-, meso- e macro-fauna. Alcuni residui, inoltre, possono contaminare le acque superficiali e sotterranee, con ulteriori effetti pericolosi sulla salute umana e sull’ambiente. Ciò è dimostrato anche dalla Direttiva CE 152/99, che impone limiti molto restrittivi (soprattutto per erbicidi e insetticidi) sulla loro presenza nelle acque destinate a fini potabili. La limitazione al minimo necessario dell’uso di questi mezzi tecnici in agricoltura dovrebbe essere una delle politiche per progredire verso forme più evolute di agricoltura sostenibile.
Negli anni una serie di Direttive comunitarie sono state emanate al fine di ridurre i rischi derivanti dall’uso dei fitofarmaci, definendo una serie di limiti alle loro concentrazioni nella frutta e nei vegetali, nei cereali e nei prodotti di origine animale. Altre Direttive, invece, hanno riguardato l’armonizzazione delle regole nazionali (per gli aspetti relativi alla classificazione, al confezionamento e all’etichettatura di pesticidi e delle sostanze attive), come pure le norme relative alla registrazione, alla commercializzazione e all’uso.

Estrazione per pressione

Dopo aver effettuato la molitura e la gramolatura, si passa all’estrazione per pressione.

Si tratta del metodo classico, che separa il mosto d’olio dalla pasta d’olio, attraverso una filtrazione per effetto di una pressione. La pressione si attua in una pressa idraulica aperta disponendo la pasta d’olio su strati sottili alternati ai fiscoli in una torre carrellata. La costruzione della torre consiste in un piatto circolare in acciaio carrellato per la movimentazione. Al centro del piatto è inserito un cilindro forato (detto foratina) che ha lo scopo di mantenere la torre in verticale e favorire il deflusso del mosto d’olio.

La costruzione della “torre” avviene secondo un ordine standard: i fiscoli costituiti di un materiale vegetale di cocco, forato al centro in modo da essere infilato lungo la foratina. Sul primo fiscolo adagiato sul fondo del piatto, si dispone uno strato di pasta d’olio spesso 3 cm, si sovrappone un secondo fiscolo e un secondo strato di pasta e cosi via. Ogni tanto si sovrappone ai fiscoli un disco in acciaio allo scopo di distribuire uniformemente la pressione. A questo punto la torre viene inserita nella pressa e sottoposta a pressioni di 400 at. Per effetto della pressione il mosto d’olio si separa dalla pasta fuoriuscendo lungo la foratina che viene poi raccolto sul piatto. Terminata l’estrazione, viene smontata e dai diaframmi viene rimossa la sansa utilizzando apposite macchine.




I vantaggi dell'estrazione per pressione sono i seguenti:

  • buona qualità delle sanse
  • ridotti consumi di energia e acqua e costi fissi contenuti
  • minori quantitativi d'acqua di vegetazione da smaltire
  • minore carica inquinante dell'acqua di vegetazione

Gli svantaggi sono i seguenti:

  • costi rilevanti per l'impiego della manodopera
  • oneri derivanti dalla difficoltà di pulizia dei diaframmi filtranti
  • funzionamento a ciclo discontinuo
  • rischio di peggioramento della qualità in caso di cattiva pulizia dei diaframmi.

Oidio

Viene anche detto "malbianco", o "nebbia".
Si tratta di un fungo ascomicete, appartenente alla famiglia delle Erysiphaceae:
Forma ascofora; Uncinula necator.
Forma conidiofora; Oidium Tuckeri.
Originario del nord America, è stato introdotto accidentalmente in Europa nella metà del XIX secolo. Insieme alla peronospora costituisce una delle malattie più gravi e diffuse della vite.
SINTOMI
Attacca sempre i tessuti giovani della pianta, mai quelli vecchi.
Sulla pagina superiore delle foglie compare una efflorescenza muffosa di aspetto ragnateloso di colore grigio-biancastro, che si evolve in polvere biancastra (da cui il nome "malbianco"). Contro luce si vedono delle macchie decolorate, traslucide, simili alle "chiazze d'olio" tipiche della peronospora. La lamina fogliare si accartoccia verso l'alto assumendo la tipica conformazione
"a coppa". Infine la foglia necrotizza. Sui germogli i sintomi sono analoghi: strato muffoso, lignificazione impedita, necrosi. Alla ripresa vegetativa, i germogli assumono il tipico portamento "a bandiera". Sui fiori l'attacco di oidio provoca l'aborto. Gli acini (attaccati tra l'allegagione e l'invaiatura) appaiono imbruniti con punteggiature nere e muffetta. Inoltre si ha la spaccatura della buccia, e la necrosi della rachide. In seguito all'attacco di oidio, la pianta difficilmente muore.
Si hanno però gravi riduzioni di sviluppo e produttività. L'attività fotosintetica dei tessuti è ridotta, aumentano invece respirazione e traspirazione con conseguente depauperamento delle sostanze nutritive.



PROCESSO D'INFEZIONE
L'oidio è un ectoparassita obbligato della vite; non penetra all'interno dei tessuti colpiti, ma rimane all'esterno. Si attacca alla superficie dei tessuti tramite gli appressori, quindi sviluppa gli austori con i quali assorbe gli elementi nutritivi necessari al suo sviluppo.
ESIGENZE PER LO SVILUPPO DELLA MALATTIA
L'infezione primaria compare con temperature non inferiori a 6°C (a primavera inoltrata; fine aprile, inizio maggio). La temperatura ottimale per lo sviluppo della malattia è compresa tra i 21 e i 30°C. Oltre i 30°C il processo d'infezione si arresta.
L'umidità relativa dell'aria influisce poco sullo sviluppo della malattia; questo fungo non necessita acqua per germinare. Clima alternato di pioggia e sole favorisce attacchi di oidio.



CONTROLLO
Metodi preventivi
Spesso l'oidio compare sugli stessi ceppi di vite all'inizio di ogni stagione vegetativa. Questi ceppi costituiscono il centro di origine e diffusione della malattia (l'oidio sverna nelle gemme sotto forma di micelio, e sulle foglie cadute a terra o nella corteccia dei ceppi sotto forma di cleistotecio). Quindi è importante individuare e sopprimere queste piante, portatrici della malattia. Di solito, una volta che la malattia è comparsa, risulta difficile eliminarla del tutto.
Quindi è importante la prevenzione. Pratiche colturali idonee aiutano a prevenire gli attacchi di oidio. La densità d'impianto ha influenza sullo sviluppo dei patogeni; le potature e la forma di allevamento possono facilitare l'aerazione e rendere più agevoli i trattamenti. Inoltre, una potatura equilibrata evita di creare le condizioni microclimatiche favorevoli al fungo, quali la mancanza di luce ed elevata umidità.
Prodotti antioidici
- zolfo (in polvere o bagnabile). Fondamentale il trattamento in prefioritura.
- Dinocap (fungicida di copertura a base di nitrofenoli).
- IBS (= inibitori della biosintesi degli steroli) a base di triazoli, pirimidine,
piridine, piperazine. Da soli o in miscela tra di loro, o con lo zolfo. Massimo 3
interventi all'anno per evitare la comparsa di fenomeni di resistenza.
- Quinoxifen.
- Azoxistrobin.
- Trifloxistrobin.
Lotta biologica con Ampelomyces quisqualis (AQ10); fungo antagonista dell'oidio.

Protozoi

I protozoi intrattengono frequenti relazioni interspecifiche con gli insetti, tanto da poter identificare due diversi tipi di azioni parassitarie:
  • azione diretta contro il fitofago che si conclude con la morte dello stesso;
  • azione indiretta contro il fitofago che viene indebolito nelle sue difese aumentandone la predisposizone ad altri attacchi, oppure riducendo la sua capacità riproduttiva.
In genere l'effetto patogenico dei protozoi sugli insetti è più cronico che acuto, con esiti finali non sempre infaustiper l'ospite, la cui mortalità e generalmente molto bassa.
I protozoi agiscono per ingestione e colpiscopno prevalentemente il tessuto adiposo e l'intestino dell'ospite. Le principali classi di protozoi che provocano patologie negli insetti sono: Sarcodina, Mastigophora e Sporozoa. Lo studio applicativo di questi organismi è molto limitato, in considerazione della difficoltà che presenta il loro allevamento al di fuori della materia vivente e la loro basa virulenza.
Sono state tuttavia sperimentate azioni contro Hyphantria cunea, Euproctis chrysorrhoea e Malacosoma neustrium utilizando il protozoo Thelohania hyphantriae Weiser; inoltre in Germania si stanno facendo esperienze utilizzando Nosema pyraustaePalliot che attacca la Piralide del mais.
In America è registrato un formulato a base di Nosema locustae per il controllo di cavallette. Fra gli altri protozoi entomopatogeni di un certo interesse ricordiamo: Vairimorpha necatrix, per il controllo di alcuni Lepidotteri fra cui la Piralide e l'Heliothis, ed infine l'Ascogregarina culicis e Nosema algerae, parassiti di zanzare.

La vite: Ciclo vegetale e produttivo.


La vite è una pianta arborea rampicante che per crescere si avvolge a dei sostegni (tutori) mediante i viticci; il suo apparato radicale, molto sviluppato, può superare anche 10 cm di lunghezza. Il fusto è verticale ma può avere diversa inclinazione a seconda della forma di coltivazione; le ramificazioni sono chiamate germogli o pampini quando sono erbacee, tralci quando sono lignificate, sarmenti quando sono staccati dalla pianta dopo la potatura. Sui tralci si distinguono nodi e internodi, in numero e in lunghezza variabili. Le foglie della vite sono semplici, distiche e alterne, esse sono formate da un picciolo di diversa lunghezza e da una lamina palmatolobata, con cinque nervature primarie che possono originare altrettanti lobi separati da insenature dette senifiori. I fiori della vite sono riuniti a formare un'infiorescenza, detta grappolo, inserita sul tralcio in posizione opposta alle foglie. Il frutto della vite è una bacca chiamata acino.

Estrazione per centrifugazione

Un nuovo modo di estrarre l’olio è l’estrazione per centrifugazione. La pasta d'olio è sottoposta ad una centrifugazione in un tamburo conico ruotante ad asse orizzontale.








L’estrazione per centrifugazione avviene attraverso l’utilizzo di una centrifuga, che separa l’olio dalla pasta, che grazie alla differenza della densità suddivide l’acqua e le parti solide in diverse parti. Nella centrifuga la pasta si attacca alle pareti del tamburo mentre l’olio spinto da una corrente d’acquai immessa nella stessa risale verso l’alto separato dall’acqua di vegetazione.







I vantaggi dell'estrazione per centrifugazione si riassume nei seguenti punti.

  • alta capacità di lavoro;
  • ridotto fabbisogno di lavoro grazie all'automazione e all'inserimento in un ciclo continuo;
  • discreta qualità dell'olio per il basso grado di ossidazione e la facilità di pulizia;
  • ridotti spazi d'ingombro.

Gli svantaggi sono i seguenti:

  • elevati consumi energetici;
  • maggior consumo d'acqua;
  • costi elevati di manutenzione a causa dell'usura a cui è soggetto il tamburo;
  • costi di smaltimento dei reflui per la quantità d'acqua di vegetazione prodotta e per il maggior carico inquinante;
  • difficoltà di gestione delle sanse.