giovedì 26 marzo 2009
La peronospora
Sintomi
Le foglie sono colpite a partire da 5-6 cm quadrati di superficie. Inizialmente compaiono,sulla pagina superiore, delle chiazze traslucide simili a macchie d'olio. In seguito, in corrispondenza delle chiazze d'olio, sulla pagina inferiore della foglia compare uno strato muffoso grigio-biancastro. Sintomo finale è la necrosi dei tessuti fogliari, con successivo disseccamento.
La peronospora non provoca la morte delle piante colpite; si ha però un notevole calo nella quantità e qualità della produzione.
Processo d'infezione
Il fungo penetra attraverso gli stomi ed invade i tessuti interni della foglia. Il ciclo della peronospora è molto influenzato dal clima, sopratutto dall'umidità, essenziale per la sua germinazione.
Controllo con prodotti di copertura e sistemici
-Rameici
-Poltiglia bordolese
-Mancozeb
-Metiram
-Aoxistrobin
-ditiocarbammati
-diclofuanide
-folpet
-famoxadone
-tioftalimmidici
mercoledì 25 marzo 2009
Entomofauna e parassiti del mirto
Gli insetti potenzialmente dannosi alla coltivazione del mirto sono rappresentati in larga parte dai rincoti omotteri e dai tisanotteri. In particolare, in Sardegna le specie di cocciniglie più frequentemente riscontrate sono Saissetia oleae, Partenolecanium corni e Ceroplastes rusci mentre in altre realtà nazionali sono stati segnalati forti attacchi del tripide Heliothrips haemorroidalis. Per la difesa del mirto dalle infestazioni dei fitofagi è possibile adottare solo strategie di lotta indirette o ricorrere ai mezzi permessi dalle norme che regolano la difesa sanitaria in agricoltura biologica. Infatti non sono registrati in Italia prodotti fitosanitari espressamente ammessi per il mirto destinato alla produzione di liquori e di oli essenziali.
Tratto da:
eprints.uniss.it/60/1/Lentini_A_ContrCongresso_2005_Entomofauna.pdf
mercoledì 18 marzo 2009
Oidio
forma conidiofora: Oidium Tuckeri.
Sintomi
Attacca sempre i tessuti giovani della pianta, mai quelli vecchi. Sulla pagina superiore della foglia compare una efflorescenza muffosa di aspetto ragnateloso di colore grigio-biancastro, che si evolve in polvere biancastra. Contro luce si vedono delle macchie decolorate, traslucide. La lamina fogliare si accartoccia verso l'alto assumendo la tipica conformazione "a coppa". Infine la foglia necrorotizza. Gli acini appaiono imbruniti con punteggiature nere e muffetta. Si hanno gravi riduzioni di sviluppo e produttività.
Processo d'infezione
L'oidio è un ectoparasitta rimane all'esterno dei tessuti della vite, sviluppa gli austori con i quali assorbe gli elementi nutritivi neccesari alla sua crescita.
Controllo
Metodi preventivi
La densità d'impianto ha influenza sullo sviluppo dei patogeni; le potature e la forma di allevamento possono facilitare l'aerazione rende più agevoli i trattamenti. Inoltre, una potatura equilibrata evita di creare le condizioni microclimatiche favorevoli al fungo, quali la mancanza di luce ed elevata umidità.
Prodotti antoicidi
-Zolfo
-Dinocap
-Quinoxifen
La lotta biologica utilizza un fungo antagonista dell'oidio, che viene somministrato in miscela con olio minerale.
Fitoiatria
La chimica in questo campo ha fatto grandi progressi. L'utilizzo di questi prodotti in grosse quantità ha creato diversi prloblemi come la sterilizzazione degli ambienti;
ha distrutto i rifugi dei predatori/ parassiti;
sono state introdote nuove piante esotiche con i loro parassiti crando nuove malattie in ambienti in cui non ci sono predattori naturali. Nel campo sperimentale si sono scoperti nuovi metodi di lotta, infatti studiando il ciclo biologico dei parassiti si è scoperta una comunicazione chimica (feromoni sessuali), e la si è usata per combattere i parassiti. Si sono scoperti e allevati predatori fitofagi (lotta biologica).
L'utilizzo della fitoiatria può avvenire in due momenti:
PROFILASSI: consiste nell'agire preventivamente, cioè quando la malattia non ha ancora agito, in modo da impedire il processo infettivo.
TERAPIA: consiste nell'agire quando la malattia è già in atto.
i mezzi che vengono utilizzati in fitoiatria rispettano alcuni concetti:
mirano nei confronti del patogeno;
intervengono sull'ambiente redendolo più idoneo alla coltivazione e meno ai patogeni.
i mezzi usati in fitoiatria sono: mazzi agronomici, mezzi fisici e meccanici, mezzi biologivi, mezzi chimici, mezzi legislativi.
le cure di tipo agronomico sono pratiche normali che vengono effetuate in detterminati momenti, seguendo lo sviluppo delle piante e il ciclo dei parassiti. Alcune cure possono essere: la scelta di sementi selezionate, concimazioni con letame maturo, sistemazioni idrauliche e potature ai fruttiferi.
Utilizzando sementi selezionatesi limita la possibilità di sem inare piante infestate.
Le sistemazioniidrauliche e lavorazioni permettono di eliminare l'acqua in ecesso evitando marciumi radicali.
le potature danno forme adatte a insolazioni e ariegiamenti,
i mezzi fisici e maccanici agiscono creando ostacoli alla vita del patogeno. Alcune strategie sono: la sterilizzazione dei terrici, coprire le ferite co adeguati mastici, e bruciare i tralci della vite. Il fuoco può essere ottimo per eliminare i defogliatori. Un'altra pratica è la solarizzazione, cioè vengono vengono messi dei teli plastici trasparenti sul terreno, il calore del sole eliminano tutti i parassiti presenti sul terreno.
I mezzi legislativi sono quelle azioni volte a impedire i nuovi parassiti. uno di questi mezzi fu quello di regolamentare il commercio delle piante, sorveglianza sulle colture.
domenica 8 marzo 2009
Fleotribo (parassita dell'olivo)
La specie è diffusa in tutte le regioni olivicole mediterranee
Descrizione
l’adulto è un piccolo coleottero di colore scuro che misura 2 - 2,4 mm di lunghezza. Le larve di colore bianco giallastro raggiungono a maturità la lunghezza di 3,5 mm, attraverso 5 stadi di sviluppo. Preninfa e ninfa sono di colore chiaro e misurano circa 2,5mm.
In primavera la coppia scava sotto la corteccia dell’olivo una galleria di accoppiamento che si prolunga in una galleria di deposizione. Queste gallerie sono perpendicolari alla direzione della branca. Le uova deposte (tra 60 e 120 per femmina adulta) danno vita a larve xilofaghe. Queste a loro volta scavano delle gallerie larvali parallele al senso del legno, dunque perpendicolari alla galleria materna. Dopo uno - due mesi ha luogo la ninfosi, gli adulti che si formano fuoriescono dalle gallerie e perlustrano l‘ambiente circostante per un periodo di due - tre settimane. Nel corso di un anno si possono sviluppare fino a tre generazioni, la prima delle quali ha inizio nel mese di giugno. Il fleotribo sverna in una loggetta scavata alla base di un germoglio o di una gemma ascellare.
Il fleotribo attacca di preferenza il legno in cui la circolazione linfatica è ridotta : tronchi, branche indebolite o che hanno subìto danni a seguito di eventi climatici avversi (gelo, siccità prolungata). E’ un parassita che contribuisce ad indebolire ulteriormente la pianta, in questo caso sono le larve che rappresentano la causa determinante del danno. Nonostante ciò può attaccare anche gli olivi in buono stato vegetativo quando questi sono in prossimità di altri olivi attaccati da questo insetto. In questo caso sono gli adulti a causare il danno con il seguente processo biologico : le larve si sviluppano su del legno morto o indebolito (scarti di potatura, branche secche ecc.) ed i nuovi adulti da essi derivati passano ad una fase alimentare nel corso della quale scavano cavità su rami in buono stato vegetativo. Possono anche causare incisioni anulari che determinano il disseccamento del ramo. Questa azione può ridurre sensibilmente la produzione dell’anno seguente. Strategie di protezione La difesa dagli attacchi di questo insetto xilofago è preventiva : è necessario mantenere gli olivi in condizione di sviluppo ottimali sopprimendo le branche deboli o in via di esaurimento. Le parti colpite devono essere tagliate ed eliminate dall’oliveto al fine di evitare una ulteriore proliferazione dell’insetto. Il legno tagliato, focolaio potenziale di sviluppo, deve essere bruciato il più presto possibile.
lunedì 2 marzo 2009
Accartocciamento Fogliare
Il virus dell'accartocciamento fogliare viene trasmesso tramite l'utilizzo di materiale di propagazione infetto negli impianti viticoli.
In natura, invece, viene trasmesso da vettori quali coccidi (Pulvinaria vitis Linnaeus ) e Pseudococcidi.
Sintomi
I primi sintomi esterni dell'accartocciamento fogliare sono visibili all'inizio dell'estate; Col procedere della stagione si intensificano fino a raggiungere la massima espressione in autunno.
Grappoli:maturano in ritardo e in modo non uniforme, inoltre sono meno numerosi e hanno bacche più piccole con ridotto tenore zuccherino.
Lotta
Viene effetuata prevalentemente tramite pratiche preventive:
- produzione e uso di materiale di propagazione "sano" certificato.
-mantenimento in sanità di vivai mediante trattamenti insetticida mirati contro i vettori della malattia.
Cicalina bufalo
Il nome di questo insetto(che è un rincote membracide) è dovuto aala sua vaga somiglianza ad un bufalo; visto lateralmente,infatti,presenta una carena(simile ad una gobbia) molto accentuata.
Visto dall'alto,invece,assume una forma tendenzialmente triangolare.
L'adulto è lungo circa 10 mm,ed è di colore verde con qualche imbrunimento.
Compie una sola generazione all'anno.
Durante la deposizione delle uova (6 uova per volta) con l'ovopositore,la femina provoca delle piccole lesioni longitutinali sui tralci che limitano lo scorimento della linfa e il normale sviluppo della vegetazione.Queste punture provocano la formazione di strozzature anulari sui tralci.
Al di sopra di queste strozzature il tralcio non si sviluppa regolarmente,ma si presenta indebolito,con foglie arrossate od ingiallite e con i margini ripiegati verso il basso.
E' consigliabile eliminare i rami che durante la potatura presentano i segni della deposizione delle uova.
venerdì 13 febbraio 2009
TIGNOLA
E un lepidottero apparentemente alla famiglia dei Tortricidi, Larve lunghe circa 12 mm di colore rosa- bruno, lenta nei movimenti. L'adulto ha un' apertura alare di circa 10-15 mm.
Danni
Le larve compiono danni sui bottoni fiorali erodendoli e sugli acini nei quali penetrano svuotandoli e portandoli a marcire.
Ciclo
Gli adulti sfarffalano ad aprile-maggio. depongono le uova sulle infiorescenze. Le larve che ne nascono diventano adulte a fine giugno-inizio luglio. Depongono le uova sugli acini.
Lotta
Regolatori di crescita inibitori di crescita Lotta biologica
Viene anche detto "malbianco" o "nebbia"
Si tratta di un fungo ascomicete, appartenente alla famiglia delle Erysiphaceae:
Forma ascofora; Uncinulla necator.
Forma conidiofora; Oidium Tuckeri.
Sintomi
Attacca sempre i tessuti giovani della pianta, mai quelli vecchi. Sulla pagina superiore delle foglie compare una efflorescenza muffosa di aspetto ragnateloso di colore grigio-biancastro, che si evolve in polvere biancastra. Contro luce si vedono delle macchie decolorate, traslucide,"chiazze d'olio"tipiche della peronospora. La lamina fogliare si accartoccia verso l'alto assumendo la tipica conformazione "a coppa". Infine la foglia necrotizza. Gli acini appaiono imbruniti con punteggiature nere e muffetta. Si hanno però gravi riduzioni di sviluppo e produttività.
Processo d'infezione
L'oidio è un ectoparassita rimane all'esterno sviluppa gli austori con i quali assorbe gli elementi nutritivi necessari al suo sviluppo.
Controllo
Metodi preventivi
La densità d'impianto ha influenza sullo sviluppo dei patogeni; le potature e la forma di allevamento possono facilitare l'aerazione rendere più agevoli i trattamenti. Inoltre, una potatura equilibrata evita di creare le condizioni microclimatiche favorevoli al fungo, quali la mancanza di luce ed elevata umidità.
Prodotti antioidici
-Zolfo
-Dinocap
-Quinoxifen
Lotta biologica fungo antagonista del'oidio, somministrato in miscela con olio minerale.
venerdì 6 febbraio 2009
Diserbo del fagiolo, del pisello e del fagiolino
mercoledì 21 gennaio 2009
Carie del frumento
lunedì 19 gennaio 2009
Pulvinaria della vite
- Identificazione, danno e ciclo biologico
- Lotta
venerdì 16 gennaio 2009
Interventi con mezzi chimici
-Favorire o regolare i processi vitali (fitoregolatori) ;
-Conservare i prodotti vegetali (fisiofarmaci) ;
-Eliminare le piante indesiderate (erbicidi) .
La legislazione in merito ai prodotti fitosanitari ha subito,nel tempo, una continua ed articolata evoluzione. Le principali normative progressivamente succedutesi sono:
- La legge n° 283 del 30 aprile 1962
- Il D. P. R. n° 1255 del 3 agosto 1968
- Il D. P. R. n° 128 del 13 marzo 1986
- Il D. P. R . n° 223 del 24 maggio 1988
- Il D. M. n° 217 del 25 gennaio 1991
- Il D.lgs. n° 194 del 17 marzo 1995
- Il D. P. R. 6 ottobre 1998 n° 392
- La Circolare 15 aprile 1999 n° 7
- Il D. P. R. 23 aprile 2001 n° 290
mercoledì 14 gennaio 2009
Sicurezza nei frantoi
-Il livello de esposizione al rumore.
-L'uso di sostanze corrosive e irritanti.
-Le caratteristiche degli ambienti di lavoro.
-Le caratteristiche delle macchine e degli impianti.
-Le caratteristiche dell'impianto elettrico.
-La movimentazione dei carichi.
RUMORE: In un frantoio i macchinari che sono la causa maggiore di rumore sono: il defogliatore, il frangitore, il decanter, il separatore. Spesso nei frantoi questi macchinari vengono posti in ambienti con soffitti bassi,o negli angoli o peggio ancora vicino le une alle altre e questo fa aumentare il rumore. Secondo alcuni studi però il rumore è causato dalle vibrazioni, quindi se noi diminuiamo le vibrazioni diminuisce anche il rumore.
Questo può avvenire:
-posizionando i macchinari distanti almeno 3 m dalle pareti.
-con una costante manutenzione dei macchinari.
-con panelli fonoassorbenti nella sala macchine.
Secondo la dichiarazione di conformità della "CE" bisogna certificare li livello di rumorosità; essa impone che le macchine e gli impianti devono essere costruiti e installati rispettando le disposizioni di legge che impongono l'adozione del Marchio "CE".
MACCHINARI. IL datore di lavoro deve fornire protezione contro l'accesso accidentale alle macchine da parte degli operatori.
AMBIENTE DI LAVORO. Il frantoio deve essere attrezzato per la sicurezzza e normativa CE di servizi igienici,uscite di sicurezza,segnaletica di sicurezza e opportuna sistemazione della pavimentazione, con pareti lavabili antisdrucciolo e con rivestimento antimuffa.
MOVIMENTAZIONE. Gli apparecchi di sollevamento per portate superiori a 200kg non devono essere manuali. Le funi, cavi e apparati di sollevamento devono essere omologati.
IMPIANTO ELETTRICO. Il frantoio è considerato un ambiente umido, quindi bisogna porre attenzione al grado di isolamento dei cavi, dei quadri e dei motori.
Estremamente importante è la messa a terra delle macchine e dell'impianto elettrico generale.
SOSTANZE CORROSIVE E IRRITANTI. Nel frantoio vengono utilizzati delle sostanze pericolose per gli operatori come: detergenti emulsionanti, disincrostanti acidi, detergenti alcalini, soda caustica.
Il datore di lavoro deve predisporre per la protezione degli operatori:
-cartelli indicativi del rischio;
-uso di guanti, occhiali e stivali;
-recipienti contrassegnati con etichette;
Sigaraio della vite
- Identificazione, danno e ciclo biologico.
- Lotta.
lunedì 12 gennaio 2009
Accartocciamento fogliare della vite
E' la virosi più diffusa al mondo negli areali viticoli. Il sintomo si localizza sulle foglie, specialmente su quelle più vecchie, con ripiegamento dei margini fogliari verso la pagina inferiore. Questa manifestazione è accompagnata da alterazioni cromatiche (rossastre o giallastre) delle lamine fogliari; le foglie, inoltre, assumono consistenza papiracea e mostrano frattura vitrea. Il legno manifesta alterazioni dei tubi cribrosi. Il virus si trasmette col materiale di propagazione infetto e attraverso vettori aspecifici quali: Cocciniglie (Coccidi e Pseudococcidi).
Tortrix viridana
Danni: Questo defogliatore comporta la distruzione dei germogli. L’insetto è noto per causare estesi attacchi nei boschi di querce, che possono durare per qualche anno e sono intervallati da lunghi periodi in cui la densità rimane a livelli estremamente bassi. I fattori coinvolti nell’indurre la moltiplicazione in massa delle farfalle sono vari e di difficile previsione. I vistosi danni causati agli alberi di solito non comportano gravi conseguenze per la sopravvivenza del bosco, in quanto le piante sono in grado di riemettere nuovi germogli.
venerdì 9 gennaio 2009
Marciume radicale lanoso
- Lotta
Malacosoma neustria
venerdì 19 dicembre 2008
Cicalina verde (Empoasca vitis)
Ordine: Rincoti
Famiglia: Cicadellidi
- Identificazione, danno e ciclo biologico
- Lotta
Lotta contro Lymantria dispar
mercoledì 17 dicembre 2008
Vinificazione in rosso
Il processo attraverso cui un mosto diviene vino è la fermentazione alcolica. Si tratta di una reazione chimica, in cui gli zuccheri vengono convertiti dai lieviti in alcol etilico, e prodotti secondari, un processo che può essere riassunto dal seguente schema.
a) follatura; azione meccanica esercitata sul cappello per immergerlo nel mosto (normalmente effettuata dal vignaiolo due volte al giorno);
b) rimontaggio; innaffiamento del capello dall'alto con il mosto prelevato dal basso del tino e rilanciato verso l'alto per mezzo di una pompa per liquidi;
c) fermentazione a cappello sommerso; introduzione nel tino di fermentazione di un graticcio che ostacoli l'affioratura delle vinacce sulla superficie del mosto con la formazione di un cappello che resta immerso nel mosto.
Vinificazione in bianco
Le sostanze responsabili del colore dei vini (antociani) sono per lo più presenti sulle bucce degli acini e nelle parti solide (raspi e vinaccioli) e vengono estratte essenzialmente nel corso della macerazione, ad opera dell'alcol che si sviluppa durante la fermentazione. Il processo di fermentazione in assenza di vinacce viene denominata "vinificazione in bianco". Con questa tecnica è possibile ottenere vini bianchi da uve di qualunque tipo: molti champagne e spumanti si producono da uvaggi comprendenti uve bianche e rosse. Gli champagne ottenuti da uvaggi di uve bianche vengono chiamati "blanc de blancs", per indicare la loro origine.
Produzione del Mosto.
lunedì 15 dicembre 2008
Tecniche di uso dei regolatori dello sviluppo
Questi nuovi insetticidi "regolatori dello sviluppo" (Grow Regulator - G. R.) sono molto selettivi e svolgono la loro azione su due particolari metamolismi, caratteristici dello sviluppo degli insetti: la muta e la metamorfosi.
Questi due metabolismi sono regolati da due ormoni: l'ecdisone e la neotenina.
Il primo presiede alla muta permettendo il distacco dalla vecchia cuticola e di conseguenza
l'acrescimento lineare dell'insetto, modificandone la struttura.
Il secondo, chiamato ormone della giovinezza, mantiene l'insetto allo stadio giovanile, facendolo accrescere in volume e mantenendo inalterale le strutture.
Allo stato attuale della ricerca e della sperimentazione i composti a base di ecdisone ( soprattutto i fitoecdisoni isolati da alcuni vegetali, e che hanno evidenziato interessanti azioni sterilizzanti ed inibenti sul metamolismo di alcuni insetti) sono di difficile applicazione perchè non agiscono per contatto (non superano la barriera cuticolare) e pochi sono attivi per ingestione.
I composti a base di ormoni giovanili (neotenina e/o suoi derivati) hanno maggior successo perchè si sono rivelati attivi nei confronti delle larve, delle crisalidi, delle uova, degli embrioni ed infine sterilizzano le femmine che depongono uova poco fertili o completamente sterili, interferendo anche nella diapausa.
Attualmente i regolatori dello sviluppo utilizzati in agricoltura si possono raggruppare in due categorie:
1 regolatori dello sviluppo chitino - inibitori
(siglati C. S.I.) che agiscono sul rinnovamento della cuticola interagendo nella sintesi della chitina, negli stadi giovanili di alcuni insetti, interferendo sul metabolismo dell'ecdisone e quindi bloccando le mute; tra queste sostanze ricordiamo il Diflubenzuron, il Teflubenzuron, il Lufenuron, il Flufenoxuron (agisce anche su acari) , il Trifumuron, il Buprofezin (attivo su Rincoti ed alcuni Acari) ed il Cyromazine (attivo su Ditteri minatori di organi vegetali).
In questo gruppo di prodotti potrebbero essere annoverati anche alcune sostanze attive ad azioni acaricida che agiscono come chitino inibitori e inibitori della crescita, come l'Esitiazox ed il Clofentezine. Queste sostanze, inibendo la biosintesi della chitina, o interferendo nel deposito della stessa,impediscono il rinnovamento della vacchia coticola;inoltre dimostrano anche azione ovicida ed,in alcuni casi,azione sterilizzanti nei confronto delle femmine (Lepidotteri ),delle Psille e di alcuni altri Rincoti (eterometaboli).
2 regolatori di sviluppo o di crescita
che simulano l'azione di sostanze secrete dagli insetti,quali la neotenina; questi prodotti, che simulano l'azione dell'ormone della giovinezza vengono chiamati juvenoidi (J.H.A.).Fra questi ricordiamo il Fenoxycarb (sostanza attualmente non ammessa in Italia per il suo impato ambientale e la dubbia selettività) che agisce simulando l'azione della neotinina;quando lo stadio di un insetto è prossimo alla maturità (larva di ultima età) , la concentrazione di ormone giovanile decresce per consentire la metaforfosi; il Fenoxycarb agisce in questo momento mantenendo artificialmente elevato il tasso di neotenina bloccando la metamorfosi e provocando la morte dell'insetto; la stessa azione viene esplicata nei confronti delleuova impedendo l'embriogenesi.Il Fenoxycarb agisce anche a livello degli adulti alterandone la fertilità e la regolarità dello sviluppo. Altri Juvenoidi, non registrati in Italia, ma sperimemtati ed utillizzati in altri paesi contro alcuni insetti , sono:il Methoprene (su Ditteri e Coleotteri), il Kinoprene ( contro Rincoti Omotteri) e l'Hydroprene (contro Blattodei, Coleotteri ed Omotteri).
3 Composti acceleratori della muta ( MAC),
da alcuni anni è registrato in Italia una sostanza attiva chiamata TEBUFENOZIDE, è una sostanza inclusa tra i composti acceleratori della muta (MAC). E il capostipide dei MAC, sostanze che inducono mute premature simulando l'azione dell'ecdisone con risultati mortali per le larve.
Il Tebufenozide ha evidenziato una buona attività sperimentale contro le larve di alcuni Lepidotteri. L'azione biologica di Tebufenozide si esplica simulando le profonde modificazione morfo-fisiologiche indotte dall'ecdisone, quindi scatenando una muta anticipata in un momento in cui l'insetto non è "pronto". Il prodotto agisce per ingestione e solo sugli stadi larvali rd è selettivo nei confronti di insetti utili ed acari predatori. E in fase di registrazione un altro prodotto MAC,si tratta del Metossifenozide, sostanza con caratteristiche analoghe al Tebufenozide.
Tratto dal libro di testo "Ecologia Applicata" (Ferrari, Marcon, Menta - ed. Edagricole)
Fare il vino: Il mosto
L'analisi condotta sul mosto rileva inoltre la presenza di lieviti, sia perché questi sono naturalmente presenti nell'aria, sia perché - e soprattutto - si trovano nella pruina, lo strato superficiale opaco e biancastro che ricopre la buccia dell'acino dell'uva. Le sostanze acide - anche se normalmente poco percettibili all'assaggio a causa dell'azione di contrasto degli zuccheri - sono generalmente comprese fra i valori di pH 2,7 e 3,5, indispensabili per un regolare svolgimento della fermentazione. Nel mosto si trovano anche vitamine dei gruppi A, B e C, sostanze minerali (potassio, calcio, magnesio, sodio, fosfati, solfati, cloruri, ferro e rame) utili per il regolare andamento della fermentazione e per la stabilità e la limpidezza del vino. Di particolare importanza è la presenza di sostanze azotate, indispensabili allo sviluppo dei lieviti responsabili della fermentazione alcolica. Queste sostanze, al termine della fermentazione, si trasformeranno in componenti aromatici, alcune delle quali molto importanti per l'aroma complessivo del vino. Nonostante il loro importante ruolo, l'eccessiva presenza di sostanze azotate nel mosto può provocare intorbidamenti al vino oltre a compromettere la sua stabilità.
http://www.diwinetaste.com/dwt/it2006126.php
Olea europea
(Olea europaea L.) è una pianta da frutto. Originaria del Medioriente, è utilizzata fin dall'antichità per l'alimentazione. I suoi frutti, le olive, sono impiegate per l'estrazione dell'olio e, in misura minore, per l'impiego diretto nell'alimentazione. A causa del sapore amaro dovuto al contenuto in polifenoli, l'uso delle olive nell'alimentazione richiede però trattamenti specifici finalizzati alla deamarizzazione, realizzata con metodi vari.
L'olivo appartiene alla famiglia delle Oleaceae. La pianta comincia a fruttificare verso il 3°-4° anno, inizia la piena produttività verso il 9°-10° anno; la maturità è raggiunta dopo i 50 anni. È una pianta longeva: in condizioni climatiche favorevoli un olivo può vivere anche mille anni. Le radici, per lo più di tipo avventizio, sono molto superficiali ed espanse, in genere non si spingono mai oltre i 60-100 cm di profondità.
Il fusto è cilindrico e contorto, con corteccia di colore grigio o grigio scuro, il legno è molto duro e pesante. La ceppaia forma delle strutture globose, dette ovoli, da cui sono emessi ogni anno numerosi polloni basali. La chioma ha una forma conica, con branche fruttifere pendule o patenti (disposte orizzontalmente rispetto al fusto)secondo la varietà.
È una pianta sempreverde, la cui attività è pressoché continua con attenuazione nel periodo invernale. Le foglie sono coriacee, semplici, intere, ellittico-lanceolate, con picciolo corto e margine intero, spesso revoluto. La pagina inferiore è bianco-tomentosa. Le gemme sono per lo più di tipo ascellare.
Il fiore è ermafrodito, piccolo, con calice di 4 sepali e corolla di petali bianchi. I fiori sono raggruppati in numero di 10-15 in infiorescenze a grappolo, chiamate mignole, emesse all'ascella delle foglie dei rametti dell'anno precedente. La mignolatura ha inizio verso marzo-aprile. La fioritura vera e propria avviene, secondo le cultivar e le zone, da maggio alla prima metà di giugno.
Il frutto è una drupa globosa, ellissoidale o ovoidale, a volte asimmetrica, del peso di 1-6 grammi secondo la varietà, la tecnica colturale adottata e l'andamento climatico.
venerdì 12 dicembre 2008
Quercus suber - Decorticazione
Il taglio del sughero si pratica manualmente con i metodi tradizionali, usando apposite accette. L'operazione si esegue da maggio a luglio e richiede perizia ed esperienza in quanto il taglio deve arrivare al fellogeno senza interessare gli strati più interni della corteccia (felloderma e libro). Tagli male eseguiti infatti compromettono la vitalità della sughera.
Vite: forme di allevamento e pratiche colturali
http://www.agraria.org/coltivazioniarboree/vite.htm
MOSCA DELL'OLIVO
In quasi tutte le aree in cui è coltivato l’olivo c’è un nemico quasi invisibile che agisce indisturbato. Si tratta del parassita più pericoloso della coltura olivo, la mosca delle olive (Bactrocera oleae).
La mosca dell’ulivo è simile alle altre mosche che colpiscono la frutta con dimensioni di circa 4-5 mm, facilmente riconoscibile dal "puntino" nero presente all’apice delle ali (vedi figura a lato). Il clima gioca un ruolo importante per lo sviluppo di questa specie che sono diverse per i singoli stadi di vita di questo insetto (tre stadi larvali). Le condizioni di temperatura ideale di questo insetto sono quelle comprese tra 22-30°C. Il periodo di pre-ovideposizione delle femmine neosfarfallate è di circa 5-7 giorni alla temperatura di 25°C, mentre la durata dello stadio di uovo, larva e pupa è rispettivamente di 3, 14 e 15 giorni. Gli adulti della mosca diventano attivi solo quando la temperatura supera i 14° C e si arresta allorquando questa supera i 31-33 °C. Va sottolineato che il perdurare di giornate estive caratterizzate da alte temperature (maggiori di 31°C), bassa umidità ed assenza di pioggia causano un'elevata mortalità delle uova e delle larve presenti all'interno dei frutti.
La mosca dell'olivo sverna prevalentemente allo stadio di pupa nelle drupe rimaste sulla pianta o nel terreno, i primi voli si possono già avvistare nei mesi di Aprile Maggio (dipende in quale regione italiana ci troviamo), tuttavia va aggiunto che nelle aree a clima caldo, possono svernare e sopravvivere anche per 7 mesi. La femmina non ovidepone finché le olive non hanno raggiunto un diametro di 7-8 mm e comunque non prima della fase fenologica dell'indurimento del nocciolo.
Dopo l'ovideposizione, che avviene praticando una puntura sulla buccia dell'oliva nella quale viene lasciato un solo uovo nella cavità sottostante, si sviluppa la larva. La schiusura dell’uovo avviene dopo un periodo variabile e strettamente legato alle condizioni climatiche, nel periodo estivo circa 2-3 giorni mentre nel periodo autunnale circa dieci giorni. Con la nascita della larva che supera tre stadi larvali all’interno dell’oliva nutrendosi della polpa, inizia l’attività trofica all’interno dell’oliva. E’ qui che iniziano i danni temuti da tutti gli olivicoltori. Infatti la larva in questa fase scava gallerie per nutrirsi innescando cosi una serie di indebolimenti del frutto. Con la fuoriuscita dell’adulto dal frutto che avviene nell’ultimo stadio, è visibile il foro di uscita che permette all’aria di penetrare all’interno dell’oliva ossidandola e rendendola debole.
I danni provocati dalla mosca dell’olivo sono sostanzialmente tre:
- distruzione diretta della polpa di cui si alimentano le larve
- caduta dei frutti infestati (cascola)
- alterazione della qualità delle olive con conseguenze sulla qualità dell’olio che se ne ottiene.
La lotta alla mosca dell’olivo
Quando le olive con punture fertili, cioè con presenza di uova o giovani larve, raggiunge il 10% del campione preso in esame, è conveniente eseguire un trattamento. Un campione attendibile può essere formato da 100 olive recuperata su 10 piante prensenti su una coltivazione di un ettaro.
Trattamenti mosca dell’olivo
I trattamenti applicati contro la mosca dell’olivo sono sostanzialmente tre:
• - trattamenti chimici
• - lotta biologica ed integrata
• - lotta biotecnica
Bisogna valutare attentamente il fenomeno di attacco, è molto importante orientarsi in base all’entità della presenza di adulti e al tipo di punture. Nelle zone in cui l’attacco della mosca olivo è tardivo e di limitata intensità, come per esempio in alcune aree del sud Italia in zone di alta collina, si può ricorrere alla lotta biotecnica, che consiste nella cattura massale mediante trappole, che vanno posizionate sin dalla prima comparsa degli adulti, in modo da tenerne bassa la popolazione. Questo tipo di cattura, mediante trappole, è inutile in oliveti di piccole dimensioni mentre inizia ad essere efficace in oliveti con superficie superiore a 4-5 ettari. Se l’entità, la presenza di adulti e il tipo di punture, è di maggiore intensità, si potrà valutare l’opportunità di interventi con repellenti o prodotti chimici convenzionali. In agricoltura biologica, bisogna adoperare pesticidi naturali o comunque quelli ammessi per questo tipo di olivicoltura, e in ogni caso cercando di scegliere quelli che presentano un basso impatto ambientale. Si vuole segnalare anche il metodo di lotta antibatterico, che si è dimostrato abbastanza efficace se usato tempestivamente, specie quando si utilizzano mix di rame e propoli, e i classici presidi fitosanitari, quali il dimetoato o la deltametina che presenta un basso impatto ambientale.
La continua ricerca di metodi per contrastare in modo efficace la mosca dell’olivo, sono orientate verso metodi che richiedano sempre di più, un limitato numero di interventi e un basso impatto ambientale. Verso questa via entrano in gioco i cosiddetti insetti utili antagonisti della mosca. Un insetto che si è dimostrato antagonista ed efficace nel limitare i danni provocati dalla mosca olivo, è il Psytallia concolor, un insetto esotico che è stato importato e pare adattarsi bene al clima italiano. Un altro insetto che viene sperimentato come antagonista e che ha dimostrato di poter diventare un nuovo efficace agente di controllo è il Fopius Arisanus, che trova il suo ambiente di sopravvivenza ideale in condizioni climatiche caldo-secche quindi abbastanza adattabile al clima del mezzogiorno d’italia. Naturalmente la ricerca in questo senso continua con i suoi esperimenti legando sempre di più l’assoluta difesa dell’ambiente.
Quercus suber
La sughera ha un portamento arboreo, con altezza che può raggiungere i 20 metri e chioma lassa ed espansa. La vita media è di 250-300 anni, diminuisce negli esemplari sfruttati per il sughero. La caratteristica più evidente di questa specie è il notevole sviluppo in spessore del ritidoma, che non si distacca mai dalla corteccia, formando un rivestimento suberoso detto in termine commerciale sughero. lI sughero si presenta di colore grigio-rossastro nei rami di alcuni anni d'età, dapprima con screpolature grigio-chiare, poi sempre più larghe e irregolari a causa della trazione tangenziale provocata dall'accrescimento in diametro del fusto. Dopo diversi anni il sughero forma una copertura irregolare e spugnosa di colore grigio, detta comunemente sugherone o sughero maschio. Dopo la rimozione del sughero maschio, il fellogeno produce ogni anno nuovi strati di tessuto suberoso che formano un rivestimento più compatto e più regolare, detto sughero femmina o gentile, con una fitta screpolatura prevalentemente longitudinale e meno profonda. L'anno in cui viene rimosso il sughero, il fusto ha un marcato colore rosso-mattone che nel tempo vira al rosso-bruno fino al bruno scuro quando il sughero femmina ha già raggiunto uno spessore significativo. Le foglie sono verdi e coriacee, tomentose sulla pagina inferiore, generalmente piccole negli ambienti secchi, più grandi in quelli più freschi. Sono brevemente picciolate e hanno una lamina di forma variabile da ovata a oblunga. Il margine è generalmente dentato e spinoso, ma può presentarsi anche intero nella pianta adulta, più o meno revoluto.
La fioritura è in maggio-giugno. Il frutto è una ghianda ovale di colore verde quando è immatura, bruna a maturità, lunga fino a 3 cm con apice molto breve. La cupola è più conica rispetto a quella del leccio, ricopre la ghianda per una lunghezza variabile da un terzo a metà, con squame grigio-verdastre, patenti, a volte retroflesse.La sughera è una specie termofila che predilige gli ambienti caldi e moderatamente siccitosi. Rifugge gli ambienti di siccità estrema o soggetti a frequenti gelate invernali. Vegeta prevalentemente su suoli derivati da rocce a matrice acida (graniti e granitoidi, trachiti, scisti granitici, filladi), diventando sporadica nei suoli basaltici e in quelli calcarei. In Italia vegeta nella sottozona calda del Lauretum spingendosi fino ai 900 metri d'altitudine. È particolarmente diffusa in Sardegna, Sicilia, lungo la fascia costiera meridionale della Toscana e nelle limitrofe aree pianeggianti e collinari della Maremma grossetana; risulta più sporadica nel Lazio e in Puglia.
mercoledì 10 dicembre 2008
lunedì 1 dicembre 2008
Fumaggine
venerdì 28 novembre 2008
Occhio di pavone
Lotta: poiché le infezioni sono favorite dalle piogge prolungate o da un'elevata umidità dell'aria e da una temperatura ottimale di 12-15°C si hanno due periodi dell'anno in cui sono maggiori i rischi nei riguardi di questa malattia: l'autunno e la primavera. I prodotti più efficaci sono i sali di rame e la poltiglia bordolese. Per entrambi il tempo di carenza è di 20 giorni.
Il D.Lgs. 81/2008 in campo agrario
L’ obbligo di applicazione del D.Lgs 81/2008 nelle imprese agricole
Nelle more delle future precisazioni ed interpretazioni giuridiche, al momento pare ragionevole formulare il seguente quadro riassuntivo per l’applicazione del D.Lgs nelle imprese agricole:
imprese individuali | Applicazione integrale del D.Lgs nei confronti dei lavoratori subordinati | Applicazione del solo art. 21 nei confronti del titolare se coltivatore diretto, e dei suoi collaboratori familiari |
soci delle società semplici | Applicazione integrale del D.Lgs nei confronti dei lavoratori subordinati ed equiparati | Applicazione del solo art. 21 nei confronti dei soci che prestano la propria attività nella società |
altre società | Applicazione integrale del D.Lgs nei confronti dei lavoratori subordinati | Applicazione integrale del D.Lgs nei confronti dei soci che prestano la propria attività nella società |
GLI ADEMPIMENTI TRA AZIENDA E UNITÀ PRODUTTIVA
La serie di adempimenti di carattere organizzativo che il D.Lgs pone a carico del datore di lavoro non è riferita all’azienda nel suo complesso, bensì alla singola unità produttiva.
Il D.Lgs definisce l’unità produttiva come «stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale».
Data la definizione, possiamo dire che l’assoluta maggior parte delle aziende agricole equivalgono ad una unica unità produttiva.
Nei casi in cui l’azienda agricola, sebbene diretta in modo unitario dall’imprenditore individuale o dalla società, sia articolata in più “punti produttivi” non interdipendenti fra loro sotto il profilo tecnico-funzionale, sarà necessario adempiere agli obblighi previsti dal D.Lgs in ciascuno di questi “punti”.
L’OBBLIGO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI
I vari obblighi imposti al datore di lavoro che debba applicare il D.Lgs ruotano attorno ad un adempimento fondamentale non delegabile: la valutazione dei rischi.
Il D.Lgs prevede che tutti i datori di lavoro agricoli debbano provvedere alla valutazione dei rischi, ma stabilisce diverse modalità, come di seguito specificato, in funzione del numero dei lavoratori impiegati in azienda.
-
del numero dei lavoratori impiegati in azienda (inferiore a 10; tra 10 e 50; oltre 50)
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di talune scadenze temporali (date di riferimento: 18° mese successivo alla data di entrata in vigore di specifici Decreti interministeriali; 30 giugno 2012)
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della presenza di talune tipologie di rischio (chimico, biologico, ecc.), per le quali il titolo specifico ribadisce l’obbligo di una valutazione nella quale vengono, una volta individuati i rischi, esplicitati i criteri utilizzati per la relativa valutazione, evidenziando con ciò l’impossibilità dell’autocertificazione
Di seguito si descrivono alcuni degli scenari possibili:
1. Per i datori di lavoro agricoli che assumono non più di 10 lavoratori:
L'agevolazione è del tutto evidente: occorre comunque valutare i rischi presenti in azienda e programmare le azioni necessarie ad eliminarli o quantomeno a ridurli, ma questi adempimenti possono essere certifi-cati con una dichiarazione scritta da parte del datore di lavoro. |
|
Sia il documento scritto che l'autocertificazione debbono essere conservati in azienda e resi disponibili, anche mediante invio, al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. |
2. Per i datori di lavoro agricoli che assumono lavoratori subordinati in numero superiore a 10 ma inferiore a 50, nelle cui aziende non si svolgano attività che espongano i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni, mutageni, connessi con l’esposizione ad amianto.
Stato attuale: il datore di lavoro è tenuto ad elaborare un documento scritto (art. 28) contenente:
| Dopo l'emanazione del decreto interministeriale (di futura emana-zione) che individuerà le procedure standardizzate di cui al punto 1, tali aziende potranno giovarsi della possibilità di redigere il documento di valutazione dei rischi secondo tale semplificazione. |
3. Per i datori di lavoro agricoli che occupano lavoratori subordinati in numero superiore a 10 ma inferiore a 50, nelle cui aziende si svolgano attività che espongano i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni, mutageni, connessi con l’esposizione ad amianto; Per i datori di lavoro agricoli che occupano lavoratori subordinati in numero superiore a 50:
Il D.Lgs 81/2008 deve essere applicato integralmente, con redazione del documento di valutazione secondo art. 28. |
Infine, nel caso delle imprese agricole con oltre 50 addetti, o di imprese con lavorazioni ad alto rischio, il D.Lgs 81/2008 dovrà essere applicato integralmente.
COME "CONTARE" IL NUMERO DEI LAVORATORI
Pur rammentando che l’applicabilità del D.Lgs supera i confini del lavoro subordinato, e che è sufficiente la presenza in azienda di un solo lavoratore subordinato per una sola giornata nell'anno per far sì di rientrare nell’ambito dell’applicazione del D.Lgs, esistono alcuni punti di quest’ultimo che dovranno essere applicati in funzione del numero di lavoratori; si tratta:
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della possibilità di autocertificare o di utilizzare le procedure standardizzate per la redazione della valutazione dei rischi (art. 29)
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dell’esigenza di effettuare la riunione periodica
-
dell’opportunità di eleggere il R.L.S.
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dello svolgimento diretto del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 34).